di Enrico Nicoletti
Adriano Sofri ha scritto un editoriale su
Repubblica dedicato a quelli che definisce: I professori di serie B”. Nell’articolo fa sua la battaglia
di molti insegnanti di sostegno per l’ intangibilità del loro ruolo di
generici supporti all’inclusione. Per molti di loro crea evidente disagio
il cambio epocale che la “Buona Scuola” proporrebbe con l’ abolizione del
sostegno “a tempo”, che può fare chiunque, molto spesso per un personale
vantaggio. Si propone piuttosto la creazione di una carriera separata per
sostegni specializzati, vale a dire formati con specifiche competenze nelle
disabilità di cui dovrebbero occuparsi. Anche Sofri esprime una sua netta
posizione critica verso tale rivoluzione, sostenendo che la prospettiva di
sostegni professionisti preoccuperebbe molti genitori, oltre naturalmente
molti insegnanti e pedagogisti.
Che gli insegnanti si preoccupino non mi stupisce,
sarebbe la fine di una pacchia che permette a parecchi di loro (non dico tutti)
di velocizzare con la scorciatoia del sostegno le loro carriere, facendo finta
per un periodo di tempo di avere competenza nel trattare soggetti
disabili. I pedagogisti preoccupati li terrei in considerazione ancora
meno, probabilmente sono quelli che per mestiere offrono pacchetti di formazione
“simbolica” per i futuri insegnanti di sostegno, per interventi sui disabili
altrettanto simbolici. Quanto ai genitori preoccupati…Vorrei davvero
conoscerli, soprattutto tra quelli che hanno figli con disabilità di tipo
cognitivo e relazionale. Mi piacerebbe davvero sapere quanti si stanno
preoccupando se mai potesse capitare in futuro di avere assegnato ai loro
ragazzi un insegnante di sostegno che sappia, una volta tanto, come comportarsi
con autistici e loro derivati. Ancora più spietato è il passaggio dove
Sofri scrive che il sostegno non dovrebbe essere “forzato” verso una
scelta “irreversibile” tanto che: “se l’insegnante di
sostegno scopre di non farcela, di mancare di idee e stimoli, è meglio che
possa cambiare, passando alla sua materia, piuttosto che restare nel sostegno
per obbligo normativo.” Trovo desolante che un intellettuale che
si è sempre fatto bandiera della salvaguardia delle categorie più
oppresse, arrivi a sostenere una battaglia corporativa per difendere un
privilegio acquisito, di fronte alla prospettiva di un bambino disabile che ha
nella scuola la sua maggiore chance di affrancarsi il più possibile da un
futuro di emarginazione sociale. |
Leggi tutto...
|