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L'opinione di alcuni medici sugli Psicofarmaci in Italia Stampa E-mail

L'opinione di alcuni medici sugli Psicofarmaci in Italia

 

Riceviamo e pubblichiamo una lettera aperta firmata da:

Emilia Costa – Professore Emerito di Psichiatria (1^ Cattedra di Psichiatria dell’Università di Roma “La Sapienza” e Primario di Psicofarmacologia al Policlinico “Umberto I°” di Roma)
Federico Bianchi di Castelbianco – Psicologo e Psicoterapeuta dell’Età Evolutiva
Paolo Roberti di Sarsina – Dirigente di Psichiatria, Esperto MNC del Consiglio Superiore di Sanità
Enrico Nonnis – Neuropsichiatria Infantile, Direttivo nazionale di ‘Psichiatria Democratica’
sulla somministrazione di psicofarmaci ai minori, in risposta a un articolo apparso il 5/8/2008 sul "Corriere della Sera" (
vedi QUI)

Abbiamo letto con interesse l’articolo della signora De Bac apparso a pag. 20 del Corriere della Sera di ieri (5 agosto 2008), dal titolo “Lite sugli psicofarmaci ai bambini”, e ne abbiamo discusso con alcuni colleghi, tutti concordi con la consapevolezza che quello della somministrazione disinvolta di psicofarmaci ai minori non sia un problema “tutto americano”:

tra gli organismi sovranazionali, anche le Nazioni Unite (INCB) recentemente denunciano un’inopportuna impennata del consumo di psicofarmaci sui minori in 50 paesi, tra cui 9 nazioni europee.

La psichiatria italiana sta per contro dando buona prova di se: sono infatti un’esigua minoranza gli specialisti che non ritengono opportuno adottare criteri di stringente prudenza quando si tratta di somministrare molecole psicoattive ad un bambino, ed ancor meno quelli che non auspicano il perfezionamento di un consenso realmente informato da parte dei genitori, vista l’estrema delicatezza e le implicazioni etiche che una scelta come quella comporta.

In questa minoranza, figura evidentemente la signora Adriana Ceci, la quale – intervistata dalla De Bac - si chiede perché mai sia necessario informare le famiglie sui pro e contro di queste terapie, sostenendo che se lo si facesse per gli psicofarmaci bisognerebbe farlo anche per tutti gli altri prodotti farmacologici, quasi che i farmaci siano tutti uguali, e suggerendo comunque la via della superficialità: perché mai perdere tempo prezioso dialogando con i genitori?

Peccato che al centro della medicina non ci siano i farmacologi ma le persone, e sia un nostro preciso dovere di medici quello di metterci al servizio dei pazienti. Tanto che la stessa Agenzia Italiana del Farmaco ha stabilito - già da un anno, e l’articolo pare dimenticarlo - il rigido obbligo di consenso informato scritto per i due più utilizzati psicofarmaci per l’infanzia, e non si capisce quindi perché le famiglie non debbano essere informate per esempio del rapporto rischio/beneficio anche della fluoxetina (il ben noto Prozac), che pure a volte viene somministrato a bambini anche piccoli, o ancora della paroxetina, molto utilizzata in adolescenza, e che – come confermato di recente anche dall’americana Food and Drug Administration – rischia di stimolare idee suicidare nei minori, tutti prodotti peraltro – si badi bene – mai testati clinicamente sui bambini, ma solo sugli adulti.

In Europa, peraltro, già si discute di ‘bioetica del minore’, suggerendo di tenere in buon conto il parere dell’adolescente e di perfezionare quanto più possibile anche con lui un processo di consenso informato, e qui in Italia invece qualcuno mosso da pregiudizio ideologico ancora sostiene che sia superfluo informare compiutamente i genitori!

Bene quindi hanno fatto l’On. Paola Binetti e il Sen. Valerio Carrara a raccogliere il consenso di un nutrito gruppo bipartisan di Parlamentari - 50 Onorevoli e 21 Senatori, quasi il 10% del Parlamento! - che hanno giustamente protestato contro il ricorso del Governo, che, sulla base di motivazioni burocratiche del tutto pretestuose, vorrebbe bloccare le regioni virtuose – Piemonte e Trentino innanzitutto, ma anche altre – le quali hanno deciso di estendere il principio cardine del consenso informato a tutti gli psicofarmaci per bambini, e non solo ai due o tre più noti, perché – è proprio il caso di citare un vecchio adagio popolare – in questo caso “la prudenza non è mai troppa”.

E se in Italia il fenomeno della somministrazione disinvolta di psicofarmaci è relativamente sotto controllo non è grazie a certi giornalisti “partigiani”: bene farebbe la categoria del mondo dell’informazione a sostenere questa battaglia di civiltà, trasparenza, prudenza ed equilibrio, invece di tacciare di approccio ideologico i politici che – saggiamente ed eticamente - sostengono quei membri della comunità scientifica ed accademica indisponibili a veder ridotto il proprio ruolo di medici a meri distributori di ‘blister’ di psicofarmaci per bambini ed adolescenti.

 www.giulemanidaibambini.org