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Andare oltre la compensazione - verso il recupero Stampa E-mail

I progressi pionieristici nel campo dei disturbi dello spettro autistico (ASD) dal DSM IV (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, 1994) hanno nuove e profonde implicazioni nel trattamento dell’autismo, della sindrome di Asperger e del PDD-NOS, che riguardano 1-1,5 milioni di americani e più di 190mila canadesi. Importanti ricercatori, tra cui Nancy Minshew (Università di Pittsburgh), Uta Frith (Università di Londra), Peter Mundy (Università di Miami), Rita Jordan (Università di Birmingham, Inghilterra), Amy Klin (Yale Medical School) e Peter Hobson (Tavistock Institute, Londra), insieme a molti altri, hanno concordato che l’autismo non è un disturbo comportamentale, né un disturbo sociale, ma un disturbo dell’elaborazione delle informazioni a base neurologica che condiziona le persone nello spettro in modi molto specifici, a prescindere dal loro QI o abilità linguistiche.

 

Prima e seconda generazione di terapie per l’autismo

Capire questi danni molto specifici significa – per la prima volta – che abbiamo l’opportunità di mirare direttamente ai danni neurologici dell’autismo e andare oltre gli approcci comportamentali o di abilità sociali di precedenti trattamenti. La prima generazione di terapie, sviluppata negli anni ’70 fino a metà degli anni ’80, mirava a obiettivi a breve termine come gestione del comportamento, completamento di compiti in modo indipendente, o diminuzione di comportamenti lesionistici o avversivi. La seconda generazione di terapie, sviluppata tra la seconda metà degli anni ’80 fino agli anni ’90, affrontava obiettivi maggiori come emulare comportamenti superficiali per l’ubbidienza, maggiore accettazione sociale, acquisizione isolata di contenuti accademici e linguaggio. Sfortunatmente, non è stato provato che uno di questi approcci di compensazione di prima o seconda generazione abbia portato ad una reale qualità della vita per le persone nello spettro autistico.

Quel poco di ricerca scientifica che è stata fatta sui risultati di adulti (tutti negli ultimi 5 anni), ha mostrato che solo il 6-12% di adulti nello spettro autistico sono stati in grado di mantenere un lavoro a tempo pieno, e soltanto il 3-4% sono stati in grado di vivere in maniera completamente indipendente. Per coloro con QI medio o alto e linguaggio tra coloro con autismo ad alto funzionamento o sindrome di Asperger, gli studi hanno mostrato risultati molto simili: 6-12% è stato in grado di mantenere un lavoro e 0-3% è stato in grado di vivere in maniera completamente indipendente (si prega di visitare il sito www.rdiconnect.com per maggiori informazioni su questi studi).

 

QUALITA’ DELLA VITA PER ADULTI CON AUTISMO, SINDROME DI ASPERGER E PDD-NOS

Nella legenda sono indicati chi ha effettuato la ricerca, in che anno e tra parentesi il numero dei partecipanti.

 

QUALITA’ DELLA VITA PER ADULTI CON AUTISMO AD ALTO FUNZIONAMENTO O SINDROME DI ASPERGER

Nella legenda sono indicati chi ha effettuato la ricerca, in che anno e tra parentesi il numero dei partecipanti.

 

Aprire la porta alla terza generazione di trattamenti per l’autismo

Come in altri campi medici, i progressi nella scienza forniscono l’opportunità di trattamenti più efficaci e quindi migliori risultati. Ovviamente nel campo dell’autismo è stata fondamentale una nuova comprensione del disturbo, se volevamo migliorare i risultati ed aiutare le persone nello spettro a condurre vite adulte produttive e indipendenti. La ricerca pionieristica fatta da Nancy Minshew e altri ha finalmente aperto la porta ad una terza generazione di trattamenti per l’autismo. Quest’ultima ricerca mostra che i problemi di elaborazione delle informazioni nei soggetti ASD non sono causati da una specifica parte del cervello, ma da un danno nei percorsi neurologici tra le diverse parti del cervello, specificatamente la corteccia prefrontale (il “sistema esecutivo”) e il sistema libico (il centro emozionale). La Dott.ssa Minshew, una delle più famose ricercatrici in ambito neurologico, ha spiegato il fatto in questo modo: “E’ come se le persone nello spettro avessero tante piccole stradine che collegano queste due aree del cervello, mentre nelle persone neurotipiche tendiamo a vedere lo sviluppo di una paio di autostrade a grande percorrenza”.

 

Svelare il mistero dei disturbi dello spettro autistico

Capire che sia la corteccia prefrontale che il sistema libico possono funzionare in maniera indipendente, ma che i problemi dei soggetti ASD sorgono quando queste due parti del cervello devono comunicare in modo integrato tra di loro, chiarisce alcuni dei misteri dell’autismo. Spiega perché la stragrande maggioranza degli individui nello spettro autistico sono in grado di imparare, ma non sono in grado di raggiungere una buona qualità di vita. Spiega:

-              perché i soggetti con ASD sanno riconoscere ed etichettare le emozioni – ma non fanno riferimento ai genitori quando si sentono insicuri

-              perché riescono ad imparare regole e procedure sociali – ma hanno difficoltà a co-regolarsi con gli altri di momento in momento

-              perché riescono ad imparare a comunicare per soddisfare i propri bisogni strumentali – ma mancano della motivazione per condividere le esperienze

-              perché ricordano procedure ed eventi – ma non sono in grado di integrarli con un significato personale per creare ricordi produttivi da usare in futuro

-              perché possono avere QI nella media o anche superiori – ma avere difficoltà a capire il pensiero flessibile, relativo, “buono abbastanza” o che ci sono anche sfumature di grigio (e non è tutto o bianco o nero)

-              perché riescono ad usare formule basate su regole – ma non hanno le capacità di improvvisare o risolvere i problemi in modo creativo

-              perché riescono a valutare se qualcosa è “sicuro” o “pericoloso” – ma non sono in grado di creare un “connubio perfetto” tra i loro obiettivi personali e i loro ambienti

-              perché possono imparare fatti e numeri – ma hanno una limitata consapevolezza di sé e degli altri

-              perché riescono a gestire situazioni statiche – ma hanno difficoltà con le transizioni o con “il seguire la corrente”

-              perché sanno imparare e usare concetti – ma non riescono ad ottenere un loro significato dal cambiamento

 

Ovviamente gli individui nello spettro sanno pensare e sentire le emozioni, ma visto che ora capiamo che a loro mancano le “autostrade” tra le aree del cervello che integrano in modo completo il pensare e il sentire le emozioni, passato e futuro, sé e altri, comunicazione verbale e non verbale, abbiamo una comprensione più profonda del perché – nonostante le loro abilità – l’autismo ha un effetto così devastante sulla loro abilità di creare significato e funzione nel mondo reale.

 

ANDARE OLTRE LA COMPENSAZIONE – VERSO IL RECUPERO

Queste nuove e profonde intuizioni nella nostra comprensione dell’autismo significano che il trattamento può essere molto più mirato a costruire nuovi percorsi e modelli neurologici – costruire attivamente le “autostrade” che mancano. Sabbiamo già da anni di ricerche nel campo della riabilitazione di altre patologie come infarti, che parti precedentemente danneggiate e poco usate del cervello possono essere rafforzate. E sappiamo anche che gli interventi cognitivi hanno avuto successo nel cambiare i percorsi cerebrali di persone con altri disturbi come la dislessia, disturbo ossessivo-compulsivo e depressione. Infine, la ricerca neurologica ha anche mostrato l’incredibile plasticità del cervello umano durante tutta la vita.

 

Combinare queste nuove informazioni con i nuovi progressi nella comprensione dell’autismo ha portato ad una terza generazione di trattamenti per l’autismo – il Programma di Intervento di Sviluppo Relazionale® (RDI®), un approccio evolutivo-cognitivo per recuperare veramente l’autismo. Il Programma RDI® ha già cambiato la vita di migliaia di famiglie. I bambini che hanno intrapreso il programma RDI® hanno mostrato miglioramenti notevoli nella comunicazione significativa, nel desidero reale e nelle abilità di condividere le loro esperienze con altri, e un aumento dell’abilità di adattarsi con facilità e “lasciarsi andare alla corrente”.

 

Spesso descritto come “il pezzo mancante” nel trattamento dei disturbi dello spettro autistico, il Programma di Intervento di Sviluppo Relazionale® (RDI®) è un programma di trattamento evolutivo-cognitivo che aiuta i genitori ad imparare come guidare il proprio bambino a desiderare e riuscire ad avere relazioni genuine, e nello stesso tempo lavora per lo sviluppo di:

-              motivazione

-              comunicazione

-              regolazione emozionale

-              memoria episodica

-              rapido cambio di attenzione

-              consapevolezza di sé

-              valutazione

-              funzionamento esecutivo

-              pensiero flessibile, e

-              risoluzione creativa di problemi.

 

Il programma RDI® è basato sulle ultime ricerche scientifiche riguardanti l’autismo, il cervello e la psicologia evolutiva. Ricerche preliminari hanno messo in evidenza l’efficacia del trattamento del programma RDI® con miglioramenti significativi in: adattabilità e flessibilità appropriata per l’età; intersoggettività (scambio di esperienze); inserimento scolastico; e valutazione con l’ADOS (Autism Diagnostic Observation Schedule).

 

Per maggiori informazioni, visitate il sito www.rdiconnect.com

 

Third generation Autism Treatment - http://www.rdiconnect.com/download/

 

Tradotto da Rita Giaquinta – consulente RDI® in training – 8 maggio 2008