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L'autismo non esiste, del lister Capotanny Print E-mail

Titolo forte, provocatorio, certo. Come lo sono i pensieri suscitati in me da un acuto commento di ....., su una diagnosi del Pfeiffer, dalla lettura di , Catherine. Maurice - Intervento precoce per bambini con autismo. Un manuale per genitori e specialisti  l'esperienza personale di un figlio autistico. Quanti, tra i bambini e i ragazzi visitati al Pfeiffer, hanno ricevuto una diagnosi di autismo? Mi sbaglierò, ma credo nessuno. Non credo che i medici di questo centro americano non formulino tale diagnosi per pudore o reticenza.
Semplicemente, danno un taglio diametralmente opposto alla malattia rispetto a quello corrente nella prassi medica e, cosa più grave, nel mondo accademico, quello cioè che formerà i medici di domani.
Si potrebbe anche puntare l'indice su pediatri e specialisti che non hanno ravvisato a suo tempo problemi nei nostri figli, ma c'è un motivo più profondo dell'impreparazione, ed è la paura. Quanti pediatri, per esempio, pur ravvisando in un bambino tratti autistici, formulerebbero serenamente una diagnosi ?
Pochi, pochissimi credo. Perché sono convinti che questa diagnosi sia sinonimo di una condanna.
Credono in questo perché così è stato insegnato loro, ed è così che si è fissata in loro l'infausta equazione autismo=malattia
incurabile. Non c'è nessuna atteggiamento assolutorio in queste mie parole. Viviamo tutti con mano il disagio e la rabbia di trovarsi di fronte a medici e specialisti che rappresentano un vero e proprio "muro di gomma". E, come spesso accade, non è nelle istituzioni sanitarie che si può trovare aiuto, ma solo in singoli volenterosi e mentalmente aperti.
Credo però sia ora di dire a chiare lettere che Kanner e chi,
dopo di lui, ne ha seguito la linea, magari "raffinandola", siano da cestinare. Qualche neuropsichiatra che si consideri "eretico" potrebbe dire di averlo già fatto, proponendo terapie all'"avanguardia" (come il TEACCH, per esempio). Ma
non è questo il punto: ciò di cui liberarsi è l'impostazione, lo schema mentale che vuole nella psiche il principio e la fine di tutto, con tutto ciò che ne consegue in termini di approssimazione, colpevoli ritardi, eliminazione di ogni speranza di recupero e guarigione. In questo senso, l'autismo non esiste. E' divenuto il comodo cappello, l'odiosa etichetta ad un
complesso di patologie curabilissime, il cui risultato è l'ottenebrazione cerebrale. Quante volte abbiamo avuto la sensazione che i nostri bambini, i nostri ragazzi,"ci fossero", ma resi prigionieri e a noi remoti da qualcosa che oggi sappiamo essere reale, con un volto e un nome.
E' ora che i manuali su cui si formano le nuove leve della medicina siano riscritti alla voce "Autismo", che sparirà, facendo largo, è vero, alla complessità dei disturbi che osserviamo quotidianamente, ma, soprattutto, alla speranza.
Questo è il modo di pensare al futuro, al "dopo di noi", tanto caro ad associazioni come l'Angsa, non realizzando comunità in cui affossare non solo i nostri cari, ma la coscienza.
Saluti
I.