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Intervista alla dott.ssa Adriana Pippione Stampa E-mail

Dottoressa Pippione, qual è l'età dei casi che lei supervisiona e che tipi di modello applica?

 

Il modello che seguo è il Verbal Behavior, che punta soprattutto sul linguaggio. L’età dei soggetti autistici di cui mi occupo varia dai tre ai diciotto anni. Credo fortemente nell'intervento precoce, ma penso che i soggetti che non lo hanno ricevuto abbiano comunque il diritto di avere  un' opportunità di  trattamento. Non potrà essere efficace come se fosse stato impostato in età precoce, ma potrà  migliorare la  qualità della vita  di quella persona autistica e della sua famiglia.

 

 

Ci può spiegare meglio?

 

Ovviamente, se un soggetto non ha sviluppato la produzione del linguaggio non è ragionevole pensare che lo possa tirar fuori dopo una certa età. E’ però, possibile indirizzare altri aspetti dello sviluppo. Mi riferisco  per esempio, all' insegnamento delle autonomie, ai problemi legati alla sfera sessuale e al controllo delle ansie e fobie che spesso, emergono nei soggetti autistici in età pre-adolescenziale e adolescenziale.

Queste ansie generalizzate persistono e peggiorano se non adeguatamente indirizzate. Con l’utilizzo delle tecniche di insegnamento ABA  è anche   possibile tentare di inserire  questi soggetti nella vita sociale e lavorativa, strutturando percorsi che coinvolgono l’esposizione del ragazzo a diverse esperienze, per individuare potenziali capacità da sviluppare ed utilizzare nella pratica. Ho preso in carico bambini di nove anni, ai quali è stato possibile insegnare a leggere e scrivere, dato che prima non era stato fatto. Ci sono tante sfere, in cui l'ABA può dare prova di validità e non parlo solo delle autonomie.

Sono una a cui piace insegnare ai ragazzi più grandi come si gioca con la play station in modo da favorire la relazione con i coetanei. Quello che vorrei far capire a chi non ha avuto modo di conoscere l'ABA quando aveva il figlio piccolo, è che non può e non deve pensare che i principi dell'Analisi applicata del comportamento trovano terreno fertile fino ad una certa età. Possono essere adattati, invece, a qualunque tipo di circostanza di vita. Seguo un ragazzo che, a scuola, stava seduto in classe in mezzo a tutti i compagni. Le insegnanti ne  andavano fiere e parlavano addirittura, di integrazione.

In realtà, quel bambino non seguiva le lezioni e mentre gli educatori  spiegavano la storia dell'Egitto, lui era ‘altrove’, sorrideva senza motivo, era solo con sè stesso, in mezzo ad una classe di venticinque alunni. Sono intervenuta spiegando all'insegnante di sostegno 'formata' da me in precedenza, che era possibile insegnare anche a quell'alunno la storia egiziana, ‘modellando’ il programma. Così, le ho fatto capire che era meglio portarlo via dalla classe per un paio d'ore e con l'insegnamento 1 a 1, poteva raggiungere l'obiettivo. Così è stato. Quel bambino ha capito finalmente la lezione e poi, assieme agli altri compagni, ha potuto sostenere le verifiche del programma scolastico, adattato, naturalmente, alle capacità del bambino.

Tornando all'età, anche quando esistono poche abilità, e’ importante offrire  almeno la possibilità ai genitori e alle figure professionali come  gli insegnati di imparare  l’utilizzo delle tecniche ABA per il controllo dei comportamenti socialmente non tollerati e problematici. Il fine è di non escludere totalmente questi soggetti  da un partecipazione sociale.  L’ ABA e’ un metodo di insegnamento universale, applicabile  a qualunque soggetto indipendentemente dall’età e dalle abilità.

 

 

Da quanto dichiara, lei crede  molto nel ruolo della scuola nella vita di un bambino autistico. E’ così?

 

Si, lavoro molto con e nelle scuole. Insegno ad insegnare agli alunni con autismo, attraverso l'ABA. La scuola può e deve essere un luogo d'apprendimento anche per chi è affetto da questa sindrome, per la quale, la Neuropsichiatria infantile si ostina a dire che c'è poco o  nulla da fare. E qui sta il problema.

Fino a quando i professionisti italiani, chiamati ad occuparsi d'autismo la penseranno così, gli sforzi della famiglia saranno insormontabili, insostenibili. Non si arriverà da nessuna parte..

 

 

L'ABA esiste da trent'anni in Italia perchè è ancora così poco diffusa?

 

Per i motivi che le ho detto poco fà. La NPI rimane ancorata alla formazione psicodinamica universitaria. I professionisti non vogliono andare oltre, nonostante il fallimento raggiunto. Inspiegabilmente ed incredibilmente, approcci superati da decenni vengono ancora discussi oggi, nel corso di alcuni convegni italiani sull'autismo.

Da Nord a Sud, si solleva l'urlo disperato di genitori che chiedono alla sanità pubblica di avvicinarsi a quello che viene ribadito dalla letteratura scientifica a partire dagli anni 80, cioè di seguire le linee guida della SINPIA. Quindi, di aggiornare la formazione dei propri operatori. La presa in carico dei bambini affetti da autismo da parte della sanità pubblica, inoltre, varia secondo la regione in cui vivono, delle città, delle NPI, della fortuna...

Le varianti in gioco per il destino di questi bambini sono decisamente troppe ed incontrollabili. Tutto questo genera smarrimento e disagio nelle famiglie. Occorrerebbe mettersi nei  panni dei genitori.

 

 

Cosa pensa dei servizi erogati dalle Asl?

 

So che i bambini più fortunati ricevono in genere 45 minuti di psicomotricità alla settimana, altri, nemmeno quelli. L'alternativa più comune è un'oretta scarsa settimanale di terapia psicodinamica, notoriamente non efficace per questa patologia, e un'ora di logopedia. L'approccio cognitivo-comportamentale non viene quasi mai adottato, eccetto, forse, per un paio d'ore di TEACCH, per le quali so che ci sono liste d'attesa improponibili.

E' oramai universalmente noto,e sempre più genitori lo sanno, che un intervento efficace per l'autismo deve essere intensivo: due ore alla settimana non sono assolutamente adeguate. L'altro fattore che influisce sulla vita di un ragazzo affetto da autismo e' la precocità dell'intervento, e qui bisognerebbe aprire una parentesi sulle diagnosi precoci, che a volte ancora non vengono fatte, purtroppo.

E quando  ci sono, che senso hanno quando  le terapie si iniziano forse tra un anno ? Non e necessario essere psicologi, e' sufficiente il senso comune, per pensare che se un bambino non autistico, senza problemi di apprendimento, in età scolare riceve in media 25 ore settimanali di insegnamento, un bambino che ha grosse difficoltà di apprendimento, dovrebbe ricevere un intervento più intenso e più mirato.  

La verità è che i mesi e gli anni passano inutilmente per una grandissima percentuale di questi ragazzi, che nè a scuola, nè a casa, ricevono l'insegnamento a loro necessario  per apprendere le abilità per migliorare la loro condizione, mentre le linee guida della SINPIA [n.d.r.: vedi qui] dormono intonse e beate sugli scaffali degli studi medici. I genitori non sanno come muoversi e spesso non vengono nemmeno informati sulle opportunità di intraprendere un percorso riabilitativo di tipo comportamentale. E ci tengo a precisare che non sto parlando solo di ABA.

Ecco perchè le famiglie sono deluse ed inviperite. Si sentono abbandonate. Molti soffrono la frustrazione dell'aver sacrificato gli anni d'oro dell'infanzia dei loro figli perchè chi li aveva in carico non ha saputo dare loro le opportunità riabilitative che avrebbero potuto cambiare il destino dei loro bambini. Qui, non stiamo parlando di religione, dove ognuno è libero di credere in quello che più gli aggrada senza per questo danneggiare l'altro.

Qui parliamo di riconoscere l'inconfutabilità di dati scientifici che confermano che con metodi appropriati, questi ragazzi 'imparano ad imparare', apprendendo quello che con metodi didattici comuni non riescono ad acquisire. Non si possono sacrificare le vite di questi bambini per scelte ideologiche del tutto estranee alle esigenze dei pazienti.

 

 

Cosa pensa della logopedia?

 

E' importantissima. Io la consiglio sempre, ma va fatta in maniera differente rispetto a quella proposta dal servizio pubblico. Due ore la settimana possono servire per correggere dei problemi di pronuncia o dizione in un bambino senza altre difficoltà. Le trovo vergognosamente inadeguate per i problemi di un soggetto autistico che ha bisogno di intensività oltre che di precocità.

Ci sono delle Asl che sostengono ancora che un bambino di tre anni non è pronto per la logopedia e non ci si rende conto del danno che si commette facendo simili affermazioni. I genitori oggi, sanno molto di più rispetto alle generazioni passate. I genitori sono cambiati, oggi sono informati grazie al web e grazie ad un'evoluzione culturale, che non li costringe più a nascondersi. Anzi, ora più che mai, mamme e papà escono allo scoperto per reclamare i loro diritti, per dialogare con le istituzioni quando queste si mostrano indifferenti o addirittura, pongono un muro.

Io sono felice di questo perchè là dove ci sono genitori informati e preparati, quel muro può sgretolarsi e si possono costruire progetti importanti per i bambini. Io lotto giornalmente per aiutare questi papà e queste mamme coraggiose. Ho seguito storie di bambini che stavano per essere allontanati dalle scuole perchè definiti aggressivi. Sono scesa in campo con tutte le forze per far si che ciò non accadesse, che venisse rispettato il diritto allo studio.

Mesi fa, mi sono sentita dire che un ragazzino che seguo da diversi mesi, non poteva stare in classe per i suoi comportamenti-problema. Sono arrivata a sfidare chiunque, minacciando di rivolgermi alla stampa perchè quell'aggressività era il frutto dell'indiffenza della NPI locale, della scuola e di chiunque non aveva mosso un dito. Oggi, quel bambino è perfettamente integrato, non ha più comportamenti problema a scuola e di recente ha partecipato alla gita d'istruzione accompagnato da un operatore da me formato. Ma questo è uno dei tanti casi.

L'altra settimana, il sindaco di un paese mi ha detto che non c'erano fondi per garantire figure professionali ad un bambino autistico. Gli ho risposto che se avessi saputo che il suo Comune avrebbe stanziato una somma di denaro per sistemare anche solo un'aiuola di un giardinetto , avrei denunciato l'accaduto ai giornali, dichiarando che quell'amministrazione comunale preferiva investire nel verde  pubblico anziché nella salute di un bimbo disabile.

Sono una che non molla e quando posso, oltre ad occuparmi della riabilitazione dei figli, cerco di fornire qualunque tipo di sostegno ai genitori, spesso troppo stressati dal dover mandare avanti tutto ciò che scaturisce dalla presenza di un autistico in casa.

 

 

A questo proposito, dottoressa Pippione, volevo segnalarle un recente sondaggio che dichiara che più del 50 per cento delle coppie che vivono il dramma dell'autismo, finiscono con la separazione. Cosa ne pensa?

 

E' drammatico, ma è così. Purtroppo, marito e moglie, presi dalla gestione di un figlio con problemi non trovano più tempo per sè stessi e per il coniuge. E' difficilissimo mantenere gli equilibri e quando posso, io consiglio sempre di trovarlo quel tempo.

Esorto le mamme ad uscire con le amiche, a coltivare un hobby, a dedicarsi alla propria persona. Erroneamente, si pensa che questo pregiudichi quel lavoro tecnico che troppo spesso viene delegato a mamme che arrivano a frustrarsi e a farsi violenza dentro pur di condurre il percorso terapeutico del proprio bambino. Io credo fortemente nel ruolo della cosiddetta mamma-tutor.

Ma questo ruolo diventa determinante nella riabilitazione del figlio solo quando ci sono le condizioni psicologiche ed una predisposizione di fondo. Sento di mamme che si disperano perchè non riescono a lavorare con i bambini a tavolino, nonostante ce la mettano tutta. Ripeto, occorre una predisposizione e non bisogna cadere nella 'trappola' dell'enfatizzazione della figura della mamma-tutor. Se una mamma non lavora e ha tempo a disposizione, è bene che investa sul bambino, ma se ha un’occupazione, non ha aiuto e non ha nemmeno le attitudini per partecipare massicciamente ai programmi, che non venga messa in croce perchè i danni diventano devastanti.

Innanzitutto, i bambini sentono quella frustrazione e allora ben venga una bella mezz'ora di coccole sul lettone o un'escursione al parco di un'ora, applicando i principi dell'ABA, piuttosto che farsi violenza e sostenere una sessione di due ore a tavolino che sicuramente, non darà molto. Il bambino deve percepire serenità e deve lavorare sentendo l' entusiasmo di chi si relaziona con lui.

Meglio un'ora fatta bene con genitori felici di stare con il proprio bambino, che  tre ore fatte per forza con mamme e papà che si impongono una tabella di marcia non adeguata alle loro caratteristiche umane. E' un discorso molto delicato, ma il messaggio che voglio inviare alle mamme è di non sacrificare i loro ruoli di mogli e di donne pur di fare la tutor ad ogni costo. Che senso ha calarsi forzatamente in una parte che non calza per poi, creare un'atmosfera di nervosismo e tensione in casa!

Le famiglie vanno allo sfascio anche per questo perchè è come se si finisse di vivere in ogni senso e invece non è così. Avere un figlio disabile non vuol dire sacrificarsi 24 ore su 24. Gli sforzi devono essere mirati a mantenere gli equilibri e ai genitori vorrei ricordare che prima di essere mamme o papà capaci di aiutare i figli, devono saper essere degli uomini e delle donne in pace con sè stesse. Trascurarsi e sacrificare tutto significa perdere le energie che nel caso dell'autismo, servono per tutta la vita.

 

 

Tra le tante cose che non funzionano nel ‘sistema italiano’, qual è quella che più la demotiva e vorrebbe che venisse una volta per tutte, risolta?

 

Ci sono davvero tanti problemi attualmente, alcuni davvero gravi che andrebbero risolti con la massima urgenza.

Se potessi cambiare qualcosa con la bacchetta magica, cambierei il sistema nelle scuole italiane dove ancora oggi, soggetti autistici con diagnosi anche gravi, vengono affidati ad insegnanti di sostegno totalmente ‘impreparati’.

E’ inconcepibile che una figura così importante, che trascorre tanto tempo con quell’alunno ‘speciale’, debba essere gettata nel ‘buio’, debba insegnare ad un ragazzo con problemi specifici d’apprendimento, che non è in grado di assimilare spontaneamente, con metodi didattici normali.

Trovo vergognosa quest’inadeguatezza della scuola. In Inghilterra le cose vanno diversamente e lo Stato finanzia interamente alle famiglie la formazione di tutte le figure che si trovano ad avere a che fare con il soggetto autistico. L’ABA è regolarmente finanziata.

 

 

Qual è, invece, il progetto che le piacerebbe portare in porto?

 

Sarebbe importante creare dei veri e propri centri dove bambini e ragazzi adulti possano seguire dei programmi ABA dopo la scuola. Ma è un sogno per il momento, chissà, forse un giorno…