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A Matteo, la tua storia Stampa E-mail

A Matteo, la tua storia.

Una mattina del 27 novembre 1980.
Dopo una giornata piovosa, mi sveglio di soprassalto, è tua madre che scuotendomi mi dice che è ora di andare.
Emozionati anche se anni prima avevamo già vissuto quel momento, ci siamo affrettati a raggiungere quel luogo a noi caro, l'isola Tiberina.
Ed è li in quel luogo pieno di storia che ti vedo per la prima volta, in quell'isola circondata dal Tevere, quel giorno colmo fin sotto le finestre dell'ospedale d'acqua rumoreggiante ed è in quel momento che devi aver sviluppato quel grande piacere che provi ogni qualvolta riesci ad immergerti in essa.
Da quando l'ho capito, ho sempre cercato di accontentarti ed ogni volta che mi era stato possibile abbiamo raggiunto il mare, un laghetto, la piscina ed ogni giorno la tua vasca diventa il tuo piccolo mare.
Sono trascorsi molti anni, bui, che tanto vorrei non ricordare, oggi sei diventato un bel ragazzo, ti ho insegnato a nuotare, anche se prima l'ho dovuto imparare io ed è in acqua che ho trovato il modo di avvicinarmi a te ed è lì che mi hai fatto capire che comunque è tanto bello vivere vicino a chi si ama e ti ama a sua volta anche senza avere la possibilità di dirlo con la semplicità che le parole consentono, dietro i bastioni del tuo silenzio.
Si purtroppo non hai mai potuto dirmi nulla, né che avevi fame, sonno o dolore, i suoni che a volte riuscivi ad emettere non avevano apparentemente alcun senso e le mie parole erano per te come un alito di vento che passa senza smuovere neanche un capello.
Una sera, tornato a casa, tua madre mi fa leggere l'articolo di un giornale che riferisce di bimbi con difficoltà di comunicazione e di delfini.
Da quel momento, più per istinto che per altro, il mio grande desiderio è stato quello di poterti vedere insieme a loro, in quell'acqua che hai sempre amato e nella quale forse potevi trovare i tuoi compagni di gioco.
Dopo una lunga attesa, è stato con emozione che ho ricevuto la notizia che eri stato chiamato per una preselezione nel delfinario di Rimini per fare poi un ciclo di immersioni.
Con ancora più grande emozione che una mattina ti ho portato al bordo della vasca dove, questi esseri stupendi che sono i delfini, ti hanno chiamato e tu senza esitare un attimo, nonostante il freddo di una giornata invernale, ti sei gettato fra loro.
Finalmente avevi trovato degli amici con cui giocare che non pretendevano nulla da te, se non che gli stessi vicino, ed è il massimo, li hai anche chiamati "tettini tettini".
E' con le lacrime che dal bordo della vasca riprendevo quelle immagini con una telecamera prestatami per l'occasione da una carissima amica, le stesse lacrime che m'impedivano di vedere chiaramente cosa accadeva, tanto è vero che credevo di sognare, come se tutto fosse solo immaginazione.
Ma quelle immagini le ho riviste tante, tante volte ed ho ascoltato, tu parlavi a modo tuo, ma i segnali che mandavi ora erano ben chiari.
Tornati a casa mi sono reso conto che ormai tutto era cambiato, la corazza
d' apparente indifferenza che in tutti questi lunghissimi anni ti avvolgeva, isolandoti dal mondo, si era incrinata ed un fortissimo raggio di luce ormai usciva da te illuminando tutto ciò che ti circondava, me compreso.
Siamo tornati altre volte a trovare i tuoi amici, finalmente ti vedevo vivo, come quando felice come non mai, hai detto "bello" riferendoti al mare nel quale nuotavi e subito dopo raggiunta la spiaggia l'hai ripetuta alla mamma. "bella".
Proprio al delfinario abbiamo conosciuto Andrea, splendido ragazzo che tu vorresti sempre a te vicino ed il suo papà Virgilio, che mi ha convinto a fare un ulteriore tentativo, consentire anche a te, com'era stato per suo figlio, di comunicare, se non parlando almeno per iscritto.
La volta che hai scritto il tuo nome al computer con la dottoressa Francesca, è stato come se un fulmine mi avesse attraversato non ci sono parole per descrivere cosa ho provato e fortunatamente ero appoggiato ad un muro i tuoi occhi me lo dicevano, non c'era alcun dubbio, chi scriveva eri tu anche se, quelle volte ti sosteneva il braccio.
Da quel giorno hai sempre scritto ed ogni sera, con te vicino, leggo le tue parole che hanno un suono dolcissimo, sono parole non dette ed anche se scritte sono pur sempre un linguaggio ed acquistano la stessa forza di una voce.
Nel nostro lungo cammino, finalmente avevamo trovato quel mezzo comunicativo indispensabile per attuare qualunque altro intervento e la chiave per capire tante incomprensioni del passato.
Hai ripreso il percorso scolastico lasciato anni fa, oggi frequenti il quarto anno di agraria, nel quale cerchi rivincita rispetto e soddisfazioni, trovando sicuramente anche ostacoli, ansie ed emozioni, per dimostrare che la tua mente è viva, pur se imprigionata nel tuo magnifico corpo.
Il tuo è un percorso lungo, faticoso, sostenuto da momenti di grande gioia, fatto di nuove esperienze che ti devono portare a comunicare in maniera autonoma e nessuno al mondo deve arrogarsi il diritto, dietro paraventi scientifici, di lasciarti prigioniero di te stesso.
E' lungo questa nuova strada che hai incontrato un altro grande, Nicola, che ti ha convinto che potevi diventare un atleta e che avresti potuto correre le strade del mondo insieme a tutti gli altri.
Per fare questo non avevi bisogno né di parlare né di scrivere, ma era necessario un enorme coraggio ed una tua grande forza di volontà e Nicola, in te, l'aveva vista.
Avevi appena iniziato ad allenarti sui campi del Coni a Roma che, il 31 ottobre 2002 Corrado Sannucci giornalista del quotidiano La Repubblica, incuriosito da te e dai ragazzi del "Progetto Filippide" vi dedica un bellissimo articolo: "La lunga corsa dei ragazzi speciali" nel quale tra l'altro scriveva:
"la strada da fare è tanta, per alcuni, come Matteo, fare un giro di pista è già un'impresa, appena vede un'apertura nella recinzione scappa sulle tribune. La specialità di Matteo in realtà è un'altra, è l'acqua."
Oggi tu corri con i tuoi nuovi amici, hai già un passato d'esperienze da fare invidia a tanti ragazzi della tua età, come l'aver corso la Stramilano, la Maratona di Roma e di Torino e tra queste perfino la Spitsbergen Marathon al Polo Nord nelle Isole Svalbard.
Non dimenticherò mai la luce nei tuoi occhi all'arrivo in aeroporto, la fierezza, l'espressione di felicità e di vittoria che hai riportato in te da quel luogo così lontano, riservato a pochi e che mai avresti o avremmo pensato raggiungibile ed anche quella sera, con te vicino, ho potuto ascoltare queste parole nel tuo silenzio:

Un breve mio salto nel grande mondo naturale
nell'isola tra mobili terre buie risplendenti
luce riflessa che entrava negli occhi
freddo glaciale
penso esaltante

Nicola, immaginando il vuoto che si presenta di fronte ai nostri figli non più bambini e diventati ormai adulti, con sempre meno amici e occasioni stimolanti, superando tutti gli ostacoli, lo scetticismo se non la derisione del mondo dello sport, è riuscito a realizzare il suo progetto e con il grande aiuto di tutti i suoi collaboratori, ti ha consentito rivincita, rispetto e soddisfazioni, che tempo fa avevi iniziato a realizzare.
La forza di questa bella avventura, è riposta anche nella coralità del gruppo, dei tecnici, ma soprattutto dei tanti volontari che, mettendo a disposizione il loro tempo e la loro allegria, ti hanno infuso quello spirito sportivo necessario per confrontarti con la vita.
L'aver scoperto quanto grande può essere il nostro amore verso di te, Matteo, ha rimosso la mediocrità nel giudicare chi credevamo diverso da noi, aiutandoci a capire invece, quale grandezza c'è, anche se nascosta, in ogni nostro simile.

Il ricordo della tua fierezza per la vittoria riportata al Polo Nord, contro le tue paure, ansie, fatiche, ci ha dato la forza necessaria per abbandonare gli arcaici percorsi dell'autismo e con lo stesso coraggio dimostrato da te, siamo partiti anche noi per una maratona, piena di fatiche e privazioni, ma con la certezza di poter un giorno, raggiungere un traguardo.

Abbandonando l'inadeguato approccio che una certa classe medica svogliata e disattenta adotta, che ha sempre ritenuto l'autismo, il tuo autismo, una condizione senza speranza e percorrendo personalmente la strada della conoscenza, abbiamo scoperto che invece che esso può essere combattuto ora, oggi, subito e noi, con te vicino possiamo tentare di batterlo e questo è il nostro traguardo.

I risultati da te ottenuti, sia pur parziali, data la tua età, alimentano la nostra determinazione a sollecitare un'alleanza fra i numerosi genitori che non accettano la rassegnazione e quei medici come Franco, Massimo, Francesca, sportivi come Nicola, volontari come Roberto, Andrea, insomma tutti i coraggiosi che abbiamo conosciuto, testimoni di una nuova relazione con la vita, per affrontare "una sfida possibile".

Ci sono degli incontri in questa vita che ci permettono di evolvere e di crescere su di un piano superiore, e tu Matteo rappresenti un grande aiuto in questo senso, per me, per noi e per tutte le persone che ti sono accanto.

Carlo Carlone