http://www.genitoricontroautismo.org

Una storia tratta dal web-magazine Libera Agorà Print E-mail

Vi passo questa storia italiana che ho tovato girando in Internet. Chi scrive è una Signora siciliana che ha seguito per il suo bimbo il percorso della dieta SGSC (iniziando nel 1999) e in molti passaggi ricorda le storie di tanti di noi..
Sono tre lettere aperte (pubblicate sul web-magazine Libera Agorà) di tre diversi periodi:
1999 inizio dieta (il bimbo ha sei anni)
2000 un anno di dieta
2003 a 3,5 anni dalla dieta (il bimbo va per i 10 anni)

Segnalo al Dr Borghese, nella prima lettera, il passaggio in cui si dice del fratellino balbuziente (vedi la recente dissertazione e anche quanto ci eravamo personalmente detti a Milano la scorsa settimana)

O., sarebbe interessante contattare questa signora, no? (se già non la conosci)

Nicola

 

Svegliati, papà svegliati! Metti nuovo gioco playstation!

E' Edoardo che dietro mio suggerimento sale in camera a svegliare mio marito.

Non è incredibile? Edoardo che chiama il suo papà! Edoardo che desidera giocare!

Edoardo è un bambino autistico.

Al nostro secondogenito di sei anni è stata diagnosticata tre anni fa una sindrome comportamentale di tipo autistico, benché ce ne fossimo accorti almeno un anno prima.

Alla nascita appariva come un qualsiasi altro neonato, roseo e paffutello e con degli occhioni neri e spalancati sul mondo, curioso di ciò che lo circondava. Il suo sano appetito faceva sì che crescesse di ben 1800 gr. al mese, così nel giorno del suo battesimo, 2 mesi e venti giorni dopo, pesava già otto chili e più.

Era un bambolotto dentro la vestina di seta e merletti appartenuta al fratellino maggiore, al papà e prima ancora allo zio, e ricevette il sacramento del battesimo senza scomporsi troppo.

Forse avremmo dovuto cominciare a dubitare della sua compostezza, della sua tranquillità - il nostro piccolo mangiava e dormiva a differenza del fratello che mostrava un temperamento più rumoroso e meno accondiscendente - e fummo felici di avere con il secondogenito l'opportunità di crescere un neonato "più buono".

Già, più buono!

Come guardo con sospetto adesso i neonati buoni! Come diffido adesso delle madri esasperate da figli troppo vivaci! Come è cambiata la nostra visione della cose e il nostro modo di pensare in proposito!

Crescere due bambini da sola era piuttosto impegnativo, ma il lavoro di Maurizio gli imponeva di doversi assentare da casa anche per molti periodi, ma fortunatamente alla nascita di Edoardo poté ritornare a riprendere servizio a Catania.

Da quel momento, i periodi di distacco dalla famiglia si sono ridotti a poche settimane all'anno. Fortunatamente, perché diciotto mesi dopo iniziava il calvario che ci avrebbe condotto da un medico all'altro, da un ospedale all'atro, da un'analisi all'altra, incessantemente e disperatamente.

Completamente in balia dei medici che non avevano il coraggio di pronunciare la parola "autismo", avemmo l'elenco dei maggiori centri di riabilitazione da una neuropsichiatra infantile, e così iniziammo a telefonare per mettere nostro figlio in lista d'attesa.

La risposta non tardò ad arrivare e dopo tre mesi un grosso centro di riabilitazione della nostra città ci convocò per la visita preliminare al piccolo Edoardo di ormai tre anni compiuti e in piena gravità nella sua malattia.

Era il giugno 1996, ma le sedute tardarono ad iniziare, forse per eccesso di zelo di un neurologo che metteva in dubbio la gravità della malattia che negava a mio figlio il diritto ad un'infanzia serena così come per i suoi coetanei.

Ricordo ancora che mi accusò di volermi approfittare dell'Unità Sanitaria Nazionale chiedendo delle prestazioni non giustificate all'U.S.L..

Ricordo altresì la sensazione fortissima che mi provocava un moto di ripulsa nei confronti di quel medico che di autismo probabilmente non aveva mai sentito parlare.

Così come richiesto dal neurologo dell' U.S.L., facemmo ad Edoardo un'ulteriore piccola tortura, la visita audiometria: di per sé niente di doloroso se a tuo figlio puoi spiegare di che si tratta, ma che assume i contorni tragici se a farla è un bambino le cui percezioni sensoriali sono completamente distorte.

I primi di agosto iniziammo così le sedute di logopedia e psicomotricità.

Le terapiste mi apparvero molto sicure di sé e mi chiesero perentoriamente di togliere il pannolino al bambino.

Edoardo aveva già tre anni e tre mesi, ed io ero spaventata da questa tappa che peraltro con Davide mi sembrò così naturale e semplice da percorrere.

Fu una vera lotta ma dopo tre mesi di segregazione nella stanza da bagno uscimmo vittoriosi.

Ogni giorno, per quaranta minuti conducevo il piccolino lottando contro le mille difficoltà cui un genitore di un soggetto autistico è costretto a fare i conti: le scarpe, il giubbotto, il cappello di lana,i guantini. Ogni cosa per lui rappresentava fonte di grave malessere e mal sopportava le comuni regole del vivere in società.

Malgrado tutto, la terapia al centro ci sembrò l'unica alternativa per poter riabilitare nostro figlio.

Nella più fornita libreria della città cercammo risposta alla nostra sete di sapere circa la malattia che si stava così tenacemente impadronendo delle nostre quattro esistenze; anche Davide ha risentito negativamente dell'atmosfera dolorosa che si respirò in casa nostra da quel momento, poiché se da un canto le sedute terapeutiche aiutarono molto sia noi che il nostro bambino, dall'altro lo stress per giungere puntuali tutti i giorni alle 8.40 all'altro capo della città provocarono nel maggiore uno stato di nervosismo con conseguente balbuzie.

Spesso gli atteggiamenti ostili delle persone, degli insegnanti all'asilo, o qualsiasi altro evento esterno ci conducevano a ripetute sedute di psicoterapia con la psicologa del centro, ma non sempre esse sortivano il risultato sperato.

Nel frattempo, i progressi di Edoardo erano lenti e la politica del centro di riabilitazione sconsigliava i genitori di informarsi con libri e letture eruditive di qualsiasi genere, ma impietosita forse dalle nostre incessanti richieste la logopedista un giorno mi diede un articolo su una signora autistica che riuscì perfino a laurearsi: il suo nome era Donna Williams, e come lei Temple Grandin.

Quello che abbiamo imparato da queste fotocopie era davvero entusiasmante perché finalmente potevamo comprendere ciò che provava il nostro piccolo quando si trovava in spazi aperti fra tanta gente, o la sensazione di oppressione causata da un giubbotto imbottito, o il dolore nel bere un bicchiere di acqua gassata.

Così iniziammo a leggere i libri delle due donne "guarite" quasi completamente e ne leggemmo su Frith, Zappella, Delacato e molti altri ancora.

Purtroppo non riuscivo a frenare l'entusiasmo e correvo a raccontare ogni mia scoperta alla terapista di turno che mi scoraggiava asserendo che non voleva che mi facessi del male e che per il mio bene e quello del mio bambino avrei dovuto smettere quelle insane letture!

Fra gli specialisti in Italia pensammo di andare a Siena dal Prof. Zappella, ma dopo due viaggi desistemmo dal continuare poiché non ci fu detto nulla di nuovo, anzi ci fu confermato che a Catania gli specialisti erano adeguati alla gravità del nostro problema.

Di seguito sapemmo di un'associazione di genitori di bimbi autistici, e così ne facemmo parte anche noi: il 3 dicembre del 1998 nacque a Catania l'ANGSA Sicilia, che ci portò a conoscenza della altre famiglie con il medesimo problema.

Grazie a loro mio figlio ha potuto usufruire del privilegio di poter fare un'analisi in Inghilterra grazie alla quale si è scoperta una intolleranza alimentare al glutine e alla caseina.

Iniziare la dieta non è stato facile, ma la nostra buona volontà è ripagata dalla grande disponibilità che ci dimostra il nostro piccolo e dai progressi quotidiani che ne scaturiscono.

Ricchi di nuove speranze, abbiamo deciso - ben consigliati dal presidente dell'ANGSA - di partire per Sorrento dove l'équipe dell'associazione Delacato ha visitato Edoardo e ci ha fornito la terapia da fare noi stessi in casa al bambino.

Tutto questo è molto gratificante per noi e per nostro figlio che con suo padre ha uno splendido rapporto e che cerca sempre per lavorare.

Naturalmente ci è sembrato ovvio dimettere il piccolo dal centro di riabilitazione, anche se da parte mia questa decisione è stata più travagliata rispetto a mio marito: Tuttavia non mi pento di ciò che abbiamo fatto e, sebbene tempestivi nella diagnosi, è pur vero che almeno diciotto mesi da quella che avrebbe potuto essere la data di diagnosi sono stati perduti in analisi e mere ricerche da parte dei medici che devono compiere il proprio dovere, quello della medicina ufficiale.

In questa malattia ogni singolo giorno, ogni settimana di tempo sono determinanti per porre freno e rimedio, e spesso ci si trova a dover lottare contro la burocrazia, la mancanza di strutture, contro i medici e gli operatori del settore. I genitori risoluti e determinati nella guarigione del proprio figlio pagano il prezzo della solitudine, della fatica e del lavoro fatto di ricerche su internet la sera tardi, quando la casa dorme e il silenzio domina incontrastato, a costo di rimanere soli e senza quelle amicizie che se ne vanno perché non comprendono, senza quei parenti che dispensano buoni consigli, e senza quanti ti consigliano di pregare di più o che sdrammatizzano la loro paura sentenziando che presto Edoardo si sbloccherà.

E' dura procedere soli per la propria strada, incuranti delle calunnie giustificate dal bizzarro e perfino snob comportamento che gli altri ti riconoscono; è faticoso discolparsi per il poco tempo rubato alla malattia, tempo che non possiamo dedicare a nessuno fuori da queste mura.

Ma è tanto gratificante ritrovare la luce negli occhi di Edoardo, e un lampo di gioia quando capisce d'essere compreso, quando la domenica mattina gli chiedo di svegliare il suo papà, e correndo sulle scale, gli sento dire: SVEGLIATI, PAPA'.

Silvana Ballistreri Cusenza
14/10/1999, 7.30

Un anno di dieta

Sembra una eternità, invece è passato un anno da quando - come colpiti da una folgorazione - decidemmo di percorrere il cammino della medicina sperimentale e della ricerca "fai da te".
Il primo passo consisteva nel cercare una farmacia vicino casa fornita di prodotti alimentari privi di glutine e caseina, e diversamente dalla dieta elaborata per la celiachia, l'eliminazione delle due sostanze dal vitto di un bambino autistico con sensazioni e gusto compromessi dall'handicap, sembrava un'impresa quasi impossibile.
Il computer ed internet sono stati e saranno sempre strumento validissimo per ricercare tutte le informazioni attinenti all'obbiettivo che si intende centrare.
Nel contempo, richiedemmo a tutte i fabbricanti di prodotti senza glutine, i loro cataloghi completi, per avere una panoramica completa dei cibi che non contenessero né glutine né caseina.
Internet è stata la chiave d'accesso ai tabulati per ordine alfabetico, di tutti quegli alimenti esistenti in natura vietati e permessi, la presa visione dei quali è stata un'amara sorpresa per tutti noi che ci siamo dovuti adattare a questo nuovo modo di nutrire nostro figlio senza peraltro poter spiegare perché da quel momento e per tutta la sua vita, non avrebbe più potuto bere una sola goccia di latte vaccino, né poter gustare un piatto di spaghetti di grano duro al parmigiano.
"Tutta la vita" appare un periodo di tempo irragionevolmente lungo, troppo per poter essere compreso da un bambino di sei anni goloso di gelati e di pizza, ma consapevoli che lo stress subìto da Edoardo e da noi tutti per una ipotetica e ben lontana riabilitazione mediante sedute di psicomotricità e logopedia era maggiore a quello inflitto da un regime alimentare ricco di proteine, vitamine ed integratori di origine naturale, fra i due mali abbiamo scelto il minore, mettendoci tutti a dieta e per tutta la vita.
Il bambino autistico che predilige dei cibi sopra gli altri, o che beve delle bevande contenenti caffeina, spesso lancia dei messaggi molto chiari al mondo esterno ed un genitore attento intuisce che il pranzo di cui si nutre il proprio figlio altro non è che una combinazione letale per la sua salute.
Nostro figlio Edoardo, ad esempio, per anni ha amato sopra ogni cosa cibarsi di tortellini ripieni di prosciutto e formaggio, e poiché selettivo nei gusti, ne aveva in concessione grandi quantità: che errore madornale, una miscela di glutine e caseina in dose massicce placava i suoi sensi solo per la durata del pranzo, ma quando il bambino finiva il suo cibo, tornava ad essere più eccitato e con più stereotipie di prima.
Seppure le analisi sulle intolleranze alimentari effettuate in un famoso centro ospedaliero in Italia avessero rilevato che le I.G.E. erano molto alte, nessun medico, seppur famoso, ha mai voluto confermare un'intolleranza a qualche cibo né provare nessuna dieta, neanche dietro suggerimento di noi genitori: se tre anni fa, nostro figlio avesse iniziato questa cura alimentare, probabilmente lo avremmo recuperato pienamente e gli avremmo evitato anni di inutili e insopportabili sofferenze.
Mi accorgo di ripetere spesso a me stessa che l'autismo è una malattia da ricchi, poiché su di essa ai medici italiani non preme sapere più di tanto e qualsiasi giudizio esprimano non è sbagliato. Purtroppo le nuove cure tanto pubblicizzate dai mass-media, come ad esempio la delfinoterapia, per il nostro servizio sanitario nazionale non sono comprese in nessuna fascia di esenzione, poiché erroneamente si crede ancora alla componente psicologica come causa scatenante, e quindi questa costosa quanto improbabile metodologia riabilitativa grava interamente sulle tasche dei genitori disperati che rischiano la miseria per strappare i propri figli al limbo eterno dell'autismo.
Le farmaciste che ci hanno permesso di procedere con questa dieta e di accedere al loro magazzino al fine di scegliere quanto di più gradito potesse esservi per lenire il male di Edoardo, per tanti mesi ci sono state vicine dividendo spiritualmente con noi i nostri disagi e rallegrandosi quando finalmente, dopo nove mesi, il bambino ha ottenuto la fornitura completa a titolo sperimentale (e a tempo determinato) di prodotti senza glutine.
Un anno è trascorso e senza rendercene conto, la paura del primo traguardo per la disintossicazione è volato, i primi tre mesi di dieta sono stati scanditi dal ritmo della ri-abilitazione sensoriale del dott. Delacato, e il bambino sembrava già più tranquillo e più sereno di prima.
Lo stupore ci coglieva impreparati di fronte al suono della sua voce che iniziava ad articolare le sue prime parole chiare e di senso compiuto, dettate da necessità primarie quali la sete o l'appetito.
Adesso, dopo appena un anno, sembriamo abituati a sentirlo pronunciare piccole frasi di cinque o sei parole, perché l'obbiettivo si è spostato di qualche grado in avanti fino alla ricerca più ampia della causa scatenante del suo autismo e alla conseguente eliminazione di quelle sostanze responsabili della malattia di Edoardo.
Capire cosa, quando e dove sia successo nell'organismo sarà improbabile; questa nostra ricerca è fine solo alla cura per Edoardo.
La vaccinazione preventiva a 18 mesi, una dose di antibiotico o la somministrazione di paracetamolo possono aver scatenato uno sviluppo sfrenato di funghi (candida albicans) nell'apparato gastro-intestinale e la permeabilità di questo creerebbe uno sbilanciamento biochimico tanto da alterare il sistema immunitario e quindi nel sistema nervoso periferico e centrale.
Le verifiche di quanto sopra elencato possono comprovarsi con analisi fatte in svariati laboratori di ricerca o al meglio in pochissimi centri esistenti all'estero; purtroppo sono tutte a pagamento per il vecchio e famoso motivo: sanità arretrata.
Allora, riuscire a capire che la semplice banana data con amore all'ora di merenda, costituisce motivo di inibizione alla sulfustransferase, vi sembra poco?
Riuscire a comprendere che quella brioches del fornaio così profumata e ricca equivale per lui a una dose massiccia di eroina, vi sembra poco?
Vedere regredire in una settimana o due delle stereotipie innocenti o gravissime (cospargersi di feci) con una semplice cura di fungicida o una dieta mirata, può sembrare incredibile ma spesso vale 1000 volte quelle inutili sedute brevi e costosissime nelle quali si spera per molti anni e non si ottiene nulla.
Il male oscuro del nostro millennio potrebbe essere debellato esortando i genitori ad osservare i propri figli, perché nessun medico possiede più intuito e maggiore conoscenza di un genitore e maggior volontà di guarire un bambino imprigionato da una malattia tanto devastante come l'autismo, quanta ne possiedono un padre e una madre che convivono ogni giorno e sin dai primi mesi di vita del loro piccolo con questa sconcertante malattia che si impossessa dei nostri bambini giorno dopo giorno, lasciandoci annichiliti e svuotati dalla perdita che tutta la famiglia subisce.
Dopo sette lunghi anni, sembra impossibile credere che i sacrifici sopportati siano andati a buon fine, la meraviglia delle nostre orecchie incredule lascia il posto alla gioia della sua voce e alla felicità per un bambino ritrovato.
Edoardo esprime la sua allegra riconoscenza per poter finalmente giocare con il fratello, cantare strofe di canzoni inventate e rispondere a semplici domande in modo chiaro e conciso elargendo sorrisi, consapevole dell'amore e dell'impegno caparbio con cui ci siamo impegnati in questa battaglia contro il tempo e la natura matrigna.

Silvana Ballistreri Cusenza
18/10/2000, 7.30.

Il mio Angelo Ferito

Qualche giorno fa sono riuscita a riappropriarmi del computer dopo tanto tempo, perché il suo uso è diventato oggetto di contesa nella nostra famiglia, e fu così che cliccando fra le pagine dei documenti ho appreso casualmente di un convegno intitolato "Il mio Angelo Ferito" la cui locandina raffigurava una scena nella quale un angelo bianco e bendato, con un'ala sanguinante, veniva condotto di peso da due giovani, poiché egli era, come ho già detto, malato; mai un'accoppiata risultò tanto appropriata e vincente - il bambino autistico e l'angelo ferito - ma se dapprima tale seppur struggentissimo quadro evoca nella mia anima sensazioni di incolmabile vuoto e sconfinato dolore, in seguito mi insegna che è proprio dalla cenere che la fenice rinasce a nuova vita, più bella e forte della precedente. Gettando uno sguardo sull'angelo che mi è stato fatto dono di conoscere su questa terra, io posso affermare con sicurezza che il mio angioletto non è più ferito, la benda che celava i suoi occhi è scivolata, la sua bocca può pronunciare parole, frasi e canzoni sempre più lunghe. Con i suoi grandi occhi indagatori finalmente ha imparato a leggere, scrivere e a far di conto come molti altri piccoli angeli della sua età, e la ferita sulla sua piccola ala si sta rimarginando ogni giorno di più, mentre egli gioca, va a scuola o semplicemente riposa, grazie alla fiducia che i suoi genitori e le persone a lui care hanno riposto in un metodo, una cura, una persona, una dieta, in sé stesse, sempre e sopra tutto, in Edoardo Angelo ferito pronto alla soglia dei dieci anni a spiccare il volo con le sue forti ali, con i suoi grandi occhi, e con i suoi cinque sensi desiderosi di ascoltare dolci melodie ed allegri ritornelli, in cambio di promesse di torte al cioccolato e gelati e caramelle.

Il mio Angelo non è più ferito perché adesso può guardarsi intorno e risponde con sicurezza e in maniera affermativa alla proposta di trascorrere una sera al teatro a guardare la tale commedia , e ci permette occasionalmente di andare tutti insieme in pizzeria dove abbiamo prenotato la sua pizza senza glutine, ma se lo desidera possiamo portarlo al multisala a guardare i films di animazione e a gustare un secchiello di pop corn.

Nel dipinto di Hugo Simberg si nota chiaramente lo stato di prostrazione nel quale versa l'angelo che si affida totalmente alle cure di quei due giovanetti che lo trasportano di peso affinché possa ricevere le cure di cui ha bisogno.

Nella vita reale i due giovanetti rappresentano tutte quelle persone che realmente si adoperano quotidianamente per prendersi cura di un bambino che altrimenti sarebbe condannato all'isolamento e ad una fine sicura.

E quei portantini siamo noi, i suoi genitori, che hanno accettato nel bene e nel male il peso di questo fardello, ed essi sono i fratelli e le sorelle dell'angelo ferito, che con la loro quotidiana presenza rassicurano e sostengono l'angioletto infermo, ma sono anche gli amici e i parenti più prossimi, i compagni di scuola e le insegnanti che imparano a volergli bene senza aspettarsi nulla in cambio, ma raffigurano anche quei medici discreti che riescono a curare certe ferite in maniera né invasiva né traumatica.

Angelo ferito, bimbo risoluto e capriccioso, scuoti il capo e te ne vai per la tua strada ignaro dei perigli che si celano dietro l'angolo, quanti angeli custodi vegliano il tuo operato, quanti cherubini guidano i tuoi passi e muovono la tua mano....

Angelo ferito, imponiti la vittoria, pretendi di sconfiggere il male ed aiutaci a portare a compimento questo duro compito terreno, affinché il tuo ed il nostro lavoro sia motivo di emulazione per altri genitori e non causa di invidia e che infine sia ricompensato, se non in questa vita, almeno nell'altra.

Silvana Ballistreri
15/04/2003, 16.15