Sentenza: il bambino autistico ha bisogno di un educatore in pianta stabile |
Una mamma ha vinto il ricorso presentato al Consiglio di Stato contro l'amministrazione comunale, Sovrintendeza regionale scolastica ed il Ministero dell'Istruzione.
Ai giovani affetti da disabilità va garantito il diritto alla continuità educativa-didattica nel loro percorso scolastico e di apprendimento, assicurando "la presenza stabile di un educatore che segua costantemente l'alunno disabile nel processo di integrazione"
Il Piccolo di Trieste del 20-06-2009
Il bambino autistico ha bisogno di un educatore in pianta stabile LA STORIA. Una mamma ha vinto il ricorso presentato al Consiglio di Stato contro l’amministrazione comunale Al ragazzo va riconosciuto il diritto alla continuità didattico-educativa TRIESTE. Ai giovani affetti da disabilità va garantito il diritto alla continuità educativo-didattica nel loro percorso scolastico e di apprendimento. Non solo in termini di programma, ma anche di nomina individuale di chi li assiste, assicurando «la presenza stabile di un educatore che segua costantemente l’alunno disabile nel processo di integrazione». Questo principio è stato sancito dal Consiglio di Stato, con la sentenza 3104 del 2009: i giudici hanno infatti accolto il ricorso presentato in appello dai genitori di un bambino triestino, affetto da una grave forma di autismo. In primo grado, il Tar aveva respinto il loro ricorso contro Sovrintendenza regionale scolastica, Ministero dell’Istruzione e Comune di Trieste. Un atto, quello presentato dai genitori attraverso i loro avvocati Carmine Pullano e Angelo Scarpa, motivato dai «continui cambiamenti degli educatori e degli insegnanti di sostegno incaricati di seguire mio figlio», spiega la madre del giovane, la signora Gabriella Vulici. «Al massimo, una stessa educatrice ci è stata confermata per due anni. Di fronte all’ennesimo cambiamento - continua la donna -, ho deciso di fare richiesta per l’educazione familiare per lo scorso anno scolastico e, subito dopo, di ricorrere». Una volta costruito un rapporto di fiducia tra il bimbo e la figura di assistenza di riferimento, infatti, la sostituzione determina difficoltà e regressioni nell’apprendimento del giovane: queste le motivazioni di fondo che hanno spinto all’azione i genitori. Una visione condivisa dai giudici del Consiglio di Stato nella sentenza: «Non si può fare a meno di rilevare come, nel caso in esame, il continuo cambiamento dell’insegnante di sostegno e dell’educatore abbia compromesso l’omogeneità e la continuità dell’intervento individuale in favore del soggetto disabile».
In base anche a questa considerazione, il Consiglio di Stato ha
ritenuto fondato l’appello, affermando l’obbligo del Comune di Trieste
«di garantire al minore la continuità educativo-didattica con
l’educatore» e, solo nel caso di comprovata ed oggettiva
indisponibilità dello stesso, di «assicurare al minore un’analoga
figura professionale che garantisca la continuità e la stabilità
dell’intervento individuale di sostegno». L’ente dovrà oltretutto
accolarsi pure il pagamento delle spese legali degli appellanti,
stimato in tremila euro. Una decisione in qualche modo storica, partita da Trieste: «Per la prima volta - dice infatti Salvatore Nocera, vicepresidente nazionale della Federazione italiana per il superamento dell’handicap - è stato riconosciuto il diritto della persona con disabilità alla continuità sulla nomina della persona incaricata di assisterla. Implicitamente, si presuppone lo stesso principio anche per l’insegnante di sostegno». Quest’ultima questione andrà comunque risolta dalla magistratura, considerato il rispetto delle graduatorie per le nomine annuali delle supplenze. «Ho voluto raccontare la mia storia - conclude Gabriella Vulici - per far sapere che esiste questo diritto a tutte le famiglie interessate. Ringrazio lo studio legale Gerin, e in particolar modo l’avvocato Pullano, per il sostegno morale garantitomi. Con loro, grazie anche a Nocera, al dottor Dionis dell’Azienda sanitaria e al personale dei servizi sociali». (m.u.) |
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