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Storia di M.,della nostra lister Tikay Print E-mail

Storia di M.
M. nacque in una tiepida notte di Maggio di parto spontaneo; tutto fu normale, tranne la nostra gioia che fu incommensurabile. Dopo qualche mese troneggiava nel suo passeggino circondato da una corte di ammiratrici. Capelli d'oro, occhi azzurri, bocca a cuore, naso perfetto. Bello, davvero bello. A nove mesi gattonava, a dodici camminava spedito.

Per un po' fummo la famiglia più bella e felice del mondo, due persone innamorate e pazze d'amore per i loro figli, M. ed S., la primogenita. Verso l'anno e mezzo M. ci allietò con la sua prima parola, "acqua". Ne attendemmo altre, con trepidazione, ma queste non giunsero mai. All'inizio ci aggrappammo alle solite frasi come "I maschi si sviluppano più tardi", "Non tutti i bambini sono uguali", e così via. Poi fissammo delle scadenze. Quelle arrivarono e passarono senza che nulla cambiasse.

La prima neuropsichiatra alla quale ci rivolgemmo fu una conoscente. Cercammo una faccia amica, che ci sorridesse; la verità non fece meno male. Speravamo che ci dicesse "E' solo un pigrone, viziatelo meno"; invece confermò i nostri sospetti che M. era in "ritardo". Una conferma non dovrebbe sorprendere. Tuonò come una rivelazione. Ricordo che alla fine della visita, in macchina, ebbi un malore. I singulti mi impedivano di respirare, succedendosi troppo in fretta. Provai a calmarmi e mi girai a guardare indietro. Il piccolo dormiva sereno nel suo seggiolino. Per lui nulla era cambiato, per noi nulla sarebbe stato più lo stesso.

Ci rivolgemmo ad un grande ospedale. Qui iniziammo un lunghissimo iter medico che ci condusse infine nell'istituto di psichiatria. Seguimmo quel percorso per alcuni mesi, non smettendo mai di cercare altro. Sentivamo, sapevamo che quella non era la strada per noi. Ma ancora non avevamo una diagnosi ad indirizzarci. Poi, dopo mesi di incontri, la psichiatra si lasciò sfuggire due parole "chiusura autistica", che tradusse in termini di disagio affettivo. Ricordo bene ciò che accadde dopo. Tornati a casa, mio marito si collegò ad Internet mentre io sbrigavo le faccende serali. Dopo qualche ora lo vidi arrivare in cucina, le mani sui fianchi, la schiena dritta, occhiaie profonde. Stringeva un mucchio di fogli fra le mani, aveva le labbra asciutte ed il viso sconvolto. Aveva scoperto che suo figlio, il nostro bambino, era autistico e cosa questo realmente significasse.

Il dolore fu immenso. Perché nessuno ci aveva spiegato, fatto capire? Perché ci avevano fatto sentire dei cattivi genitori? Perché dovevamo scoprire cosa avesse nostro figlio "così"? Increduli, smarriti, cominciammo a piangere. Ci nutrimmo di lacrime per giorni. Poi ricominciammo a girare per ospedali, università, professori famosi, centri privati.

Lentamente, crudelmente, vedevamo M. sparire in una nebbia invisibile, perdere lo sguardo, l'attenzione, il gioco. Lo guardavamo aggirarsi per casa irrequieto, come se si fosse scoperto, d'un tratto, in un mondo non suo.

La fortuna fu poi trovare l'ABA ed abbracciarla. La terapia sconvolse la nostra famiglia ma ci ridiede una vita. M. fu un vero campione. Con fatica e tenacia scoprì un mondo di cose, di persone, di parole.

Non dimenticherò mai la prima volta in cui mi chiamò "mamma". Si avvicinò, mi guardò dritta negli occhi e mi disse "mamma vieni", roteando il polso per invitarmi a seguirlo. Toccai il cielo con un dito. Nessuno se ne accorse ed io non lo dissi a nessuno. Serbai quella gioia solo per me, sperando che non fosse effimera. Non aveva un suono dolce quel "mamma" ed io sapevo come era stato costruito, in terapia, con duro lavoro. Non importava. Ero felice. Io ero la sua mamma e lui ora, così, mi chiamava.

Ritrovammo nostro figlio e con lui la certezza che molto potevamo e dovevamo ancora fare. Sempre via Web trovammo l'ARI DAN e cominciammo una dieta senza glutine. M. aveva sempre sofferto di problemi intestinali e a quattro anni portava ancora il pannolino.

Dopo sei mesi di dieta viaggiava fiero, senza ingombri, dignitoso e pulito. Avevamo le prove, potevamo aiutarlo anche dal punto di vista organico! Da allora ci muoviamo in quel campo, a piccoli, impercettibili passi appoggiati al sito www.genitoricontroautismo.org e allo splendido Dott. Verzella. Ogni genitore di un bambino autistico dovrebbe sapere che può fare moltissimo per il proprio figlio e che può farlo qui, in Italia, grazie al lavoro di pochi pionieri ai quali va il nostro grazie più sincero.