Tesi sperimentale sull'ABA.Capitolo tratto dalla tesi di una neolaureata in psicologia che descrive |
Capitolo III Esperienza personale: presentazione di due casi: Dedicherò questo capitolo della mia tesi alla mia esperienza personale nel trattamento del disturbo autistico con il metodo Lovaas, Intervento Intensivo Precoce (Early Intervention) appartenente alle metodiche ABA. Illustrerò prima le condizioni di partenza dei bambini facendo riferimento in linee generali alla descrizione fatta nelle loro diagnosi funzionali, poi illustrerò sempre in linee generali le loro condizioni attuali elencando alcune delle abilità apprese. Per alcune aree ed abilità acquisite accennerò anche l'iter attraverso cui si è giunti all'acquisizione. Talvolta verranno fatti commenti personali anche a livello di coinvolgimento "umano" inevitabile e forse necessario, per lo meno credo, quando si sta quotidianamente e per diverse ore con bambini così piccoli e con questo tipo di problematica. Accennerò anche alla mia esperienza nel ruolo della figura ombra recentemente intrapresa. In questa parte riporterò più che altro delle osservazioni personali in quanto è poco tempo che abbiamo iniziato e potrebbe essere azzardato parlare di acquisizioni da parte dei bambini o di cambiamenti qualitativamente e quantitativamente significativi. E' stata fatta diagnosi di disturbo generalizzato dello sviluppo nel gennaio 2003 quando i bambini, un maschio ed una femmina gemelli, avevano 3 anni e 6 mesi. Le loro diagnosi risultavano per molti aspetti piuttosto simili anche se nella bambina la sintomatologia era più grave. Il maschio: Presentava nell'area cognitiva una caduta nell'imitazione verbale e gestuale. Nell'area affettivo relazionale mostrava: scarsa interazione con i pari, questa era migliore con l'adulto, tendenza all'isolamento e non si girava al suo nome. Nell'area motorio-prassica sensoriale pur non essendoci evidenti problemi nell'attività motoria grossolana c'era la messa in atto di schemi ripetitivi. Nell'area linguistica si evidenziava una significativa caduta, con scarsa produzione di parole a significato. Infine nell'area neuropsicologica presentava notevoli difficoltà d'attenzione che tuttavia tendevano a ridursi se supportato dall'adulto. La femmina: Nell'area cognitiva presentava una caduta nell'imitazione vocale e gestuale. Nell'area affettivo relazionale mostrava: scarsa interazione con i pari e con l'adulto, tendenza all'isolamento e presenza di reazioni d'ansia, inoltre si mostrava altamente frustrabile. Nell'area motorio-prassica e sensoriale manifestava l'attivazione di schemi ripetitivi, non presentava problemi nell'attività motoria grossolana. Nell'area linguistica la produzione spontanea era composta da poche parole a significato. Infine nell'area neuropsicologica presentava tempi d'attenzione molto ridotti, ricorreva all'adulto in presenza di significative difficoltà. Quando i bambini hanno iniziato a seguire il trattamento erano passati 9 mesi dalla diagnosi. In questo lasso di tempo non hanno seguito alcun tipo d'intervento fatta eccezione per un breve ciclo di logopedia (circa per 2 mesi con la frequenza di 2 volte a settimana per sessioni da 45 minuti ciascuno) con una logopedista molto vicina alle metodiche utilizzate dall'ABA e specializzata proprio sul disturbo autistico. Ho seguito per un periodo la terapia logopedica. Il lavoro fatto con entrambe i bambini era volto essenzialmente allo sviluppo delle loro capacità attentive , chiaramente senza questo tipo di requisito qualsiasi intervento diventa impossibile o se non altro inefficace. Altro punto su cui lavorava era il cercare di stabilire un contatto con loro, cercando di motivarli all'interazione attraverso l'utilizzo di materiali e attività di loro interesse, come bolle di sapone, puzzle... Verso la metà di settembre 2003 è stata fatta una valutazione dei bambini da parte degli specialisti ABA a seguito di 4 giorni di osservazione. In base al loro livello cognitivo e alle competenze di cui erano in possesso, sono stati stilati i loro curriculum che comprendevano le attività con cui si sarebbe iniziato a lavorare seguendo le tecniche del metodo d'intervento precoce e le attività e i programmi che sarebbero stati inseriti man mano che ci fosse stata acquisizione di abilità. Durante le giornate di valutazione c'è stata la formazione delle persone che avrebbero applicato il metodo con i bambini, tra queste erano coinvolti anche i genitori. I curriculum dei due bambini si presentarono da subito piuttosto differenziati, in quanto nelle prove a cui vennero sottoposti mostrarono modalità e velocità d'apprendimento differenti. Entrambe contemporaneamente all'introduzione del metodo hanno iniziato a seguire la dieta alimentare senza glutine e caseina supportata dall'inserimento di supplementi vitaminici.
Il maschio : All'inizio ebbe difficoltà nel comprendere il fatto che i rinforzi, i premi che gli venivano dati fossero una diretta conseguenza del suo agire, è come se non riusciva a capire la relazione di scambio, di causa-effetto! Probabilmente, questo dipendeva dal suo scarso interesse verso i rinforzi che gli venivano dati, forse non erano questi abbastanza motivanti da indurlo a ripetere ciò che gli veniva richiesto. L'inserimento dei vari programmi non fu semplice, i suoi tempi d'attenzione erano piuttosto scarsi e mostrava elevata iperattività, questo comportava difficoltà soprattutto nello svolgimento dei programmi in cui doveva stare seduto a tavolino. Non di rado fuggiva dalla stanza di lavoro e anche quando si riusciva a ricondurlo in questa, c'era immediatamente la messa in atto di condotte di evitamento, evitava lo sguardo, emetteva vocalizzi, si abbandonava ad autostimolazioni varie, soprattutto si "abbandonava" a stimoli visivi. Per far fronte a ciò si intervenne lavorando sulla motivazione, si resero allora le sessioni di lavoro più brevi e in un certo senso divertenti. Si tenevano in considerazione i suoi ritmi, le sue esigenze e attorno ad essi venivano modellate le sessioni di lavoro. Cercammo di ottenere la sua attenzione e la sua collaborazione attraverso l'utilizzo di materiali che sapevamo essere per lui interessanti e in un certo senso stimolanti. Oltre a dargli un gran numero di rinforzi li variavamo frequentemente per far sì che non perdessero efficacia per l'effetto di abituazione. Diversi studi al riguardo affermano che il variare frequentemente i rinforzi produce risultati migliori (Dunplan e Koegel 1980; Weber e Thorpe, 1989). Tra i vari rinforzi quelli che avevano una maggiore efficacia erano quelli di tipo sociale, questi riuscivano ad attirare di più la sua attenzione e gli davano maggior gratificazione. Notammo che quando davamo il rinforzo "giusto", ad esempio lo si prendeva e lo si faceva volare in aria o gli si faceva il solletico, diventava immediatamente più collaborativo nelle attività che gli si proponevano. Fu importante nelle richieste che si facevano nelle sessioni di lavoro mostrargli entusiasmo (facendo talvolta un po' i "pagliacci") ma allo stesso tempo era necessario mostrarsi sicuri e determinati. Il suo curriculum iniziale comprendeva programmi di ricezione concernenti l'identificazione di oggetti e di parti del corpo, programmi di appaiamento di oggetti e programmi di imitazione motoria con e senza oggetti. I tempi di lavoro erano così ripartiti : il 20% del tempo era dedicato ai programmi di appaiamento, il 40% era destinato ai programmi di ricezione , il 30% per i programmi di imitazione e il restante 10% era dedicato all'insegnamento di attività di gioco e alla stimolazione dell'uso di linguaggio spontaneo. Tra le diverse attività trovammo le maggiori difficoltà nei programmi che prevedevano l' imitazione di movimenti grosso motori che richiedevano l'utilizzo di oggetti. L'imitazione motoria con oggetti generalmente risulta in questi soggetti più semplice in quanto il materiale che si presenta aiuta a focalizzare l'attenzione, mentre l'imitazione motoria senza oggetti, richiede la focalizzazione dell'attenzione sull'interazione stessa (C. Maurice,G.Green et al., 1996). Nel nostro caso non fu così, il materiale che veniva presentato con gli esercizi diventava per il bambino un elemento di distrazione, la sua attenzione si disperdeva su parti di questo o sulla sua manipolazione inappropriata. Le sue modalità di utilizzo degli oggetti non erano mai funzionali, non c'era differenziazione nel loro utilizzo. Sia se si proponeva un'attività che prevedesse un movimento un martello giocattolo, con una macchinina o altro l'unica cosa che faceva erano quella di metterli in bocca o gettarli per terra. Si intervenne con l'uso di numerosi prompt fisici (ovvero guide fisiche per l'esecuzione delle richieste) e con la semplificazione al massimo dei compiti. Fu necessario affinare le nostre tecniche di insegnamento sulle sue caratteristiche specifiche, imparammo in qualche modo ad attirare la sua attenzione con dei stratagemma, ad esempio accompagnavamo i movimenti con dei suoni (S.Luce,G.Green,et al.) mostravamo prima della richiesta il rinforzo che gli avremmo dato ed imparammo ad esagerare i movimenti così da renderli più chiari e maggiormente visibili al bambino. Fu fondamentale anche aumentare la velocità con cui si dava l'istruzione, che doveva esser data contemporaneamente all'ottenimento della sua attenzione dato che il suo span attentivo era piuttosto limitato. Come si può vedere, in questo tipo di lavoro oltre ad essere fondamentale la conoscenza delle tecniche del metodo è necessaria una conoscenza del bambino specifico e delle sue peculiarità, solo così si ha la possibilità di mettere in atto delle strategie, accorgimenti, stratagemma che consentano poi di lavorare con esso.Uno degli stratagemma utili ad esempio potrebbe essere l'evitare che si creino situazioni difficilmente gestibili, indipendentemente dalle tecniche che si utilizzano. Inoltre è fondamentale pianificare sempre il lavoro che si vuole fare con la consapevolezza e la capacità, quando necessario, di modificare il tutto. E'importante quando si fanno le richieste essere sempre coerenti sia nel tipo di richiesta che nella modalità in cui la si fa, altrimenti si rischia di confondere ulteriormente il bambino. E'importante non mostrare esitazioni, piuttosto si deve ostentare sempre una certa sicurezza, bisogna come si suol dire avere "polso"! Con il tempo la messa in atto di talune strategie, l'acquisizione di maggior praticità da parte di chi lavora con il bambino e l'utilizzo delle varie tecniche hanno consentito di risolvere gran parte delle problematiche illustrate. Attualmente i programmi su cui si sta lavorando sono triplicati. Tra i programmi prioritari c'è l'imitazione verbale (occupa il 50% del lavoro) e l'acquisizione del linguaggio espressivo, si lavora ancora su programmi di imitazione motoria, su programmi con istruzioni verbali, programmi di appaiamento e programmi volti a favorire l'interazione sociale e l'acquisizione delle autonomie oltre che la gestione del tempo libero. I ritmi di lavoro sono notevolmente cambiati e il bambino ha acquisito un gran numero di abilità. Il tutto è stato reso possibile in primis dal prolungamento graduale dei suoi tempi d'attenzione, quindi da un miglioramento nell'area neuropsicologica. Per quanto riguarda l'abilità d'imitazione di movimenti, ad esempio, mentre all'inizio si proponeva l'imitazione di singoli movimenti ora è in grado di imitare sequenze a tre step e il materiale con cui si lavora solo sporadicamente diventa elemento di distrazione. Frequenti sono gli episodi in cui imita spontaneamente sia l'adulto che i pari. Grazie alle attività svolte con questi programmi ha iniziato a fare un uso degli oggetti funzionale e contestualizzato. Per quanto riguarda l'area linguistica c'è stata l'acquisizione di numerose parole a significato, molte sono foneticamente corrette altre sono imprecise, su quest'ultime si lavora cercando di migliorarne la produzione attraverso il programma di imitazione verbale. Nei casi in cui le parole sono troppo difficili per lui si cerca di modellarle e renderle il più vicino possibile alla dizione corretta. Notevole è la presenza di linguaggio spontaneo usato soprattutto per richiedere ciò che desidera o per chiedere l'aiuto dell'adulto qualora sia necessario il suo intervento L'abilità di linguaggio oltre ad essere migliorata in produzione è migliorata in ricezione. E' in grado di recepire capire ed eseguire richieste che comprendono due-tre stimoli, ad esempio gli si da come istruzione vai in cucina, apri frigo e prendi acqua (per ora ancora si evita l'utilizzo degli articoli). Logicamente, gli stimoli non devono essere troppi o troppo difficili eccessivi, sappiamo infatti che un problema comune dei soggetti con autismo è la "sovra-selettività dello stimolo", ovvero non sono in grado di rispondere a più stimoli contemporanei, generalmente tendono a rispondere ad un solo stimolo (Lovaas,Schreibman,Koegel,1979). La sua attuale "tolleranza"è di 2-3 alla volta in base alla difficoltà di ciò che viene richiesto. Sempre nell'area cognitiva è notevolmente migliorato nell'uso del gesto e anche se non né fa un uso molto frequente nei casi in cui indica lo fa in modo direzionato, funzionale. Per l'area affettivo-relazionale è diminuita la sua tendenza all'isolamento, frequentemente c'è la ricerca attiva dell'interazione con l'adulto per fare attività di gioco e anche di "lavoro", si mostra motivato e gratificato dall'interazione sociale che continua ad essere con lui un valido rinforzo per l'instaurazione, il condizionamento di comportamenti appropriati. A tal riguardo numerosi studi condotti sulle metodologie comportamentali mostrano la maggior efficacia dei rinforzi di tipo sociale per l'apprendimento e mantenimento delle diverse abilità. Grazie ad un intervento scolastico strutturato sta iniziando anche ad interagire con i pari, per i quali inizia a mostrare interesse e verso i quali mostra, se pur sporadicamente, episodi di ricerca di contatto su sua iniziativa. Sappiamo questo quanto sia sorprendente quando si ha a che fare con soggetti autistici... Anche con la sorella inizia ad interagire. Prima la ignorava totalmente, capitava che in casa si scontrassero fisicamente, magari mentre correvano, ed è come se entrambe non se ne rendessero conto e non si accorgessero dell'esistenza fisica dell'altro. Ora con essa ci sono episodi di contesa per un gioco o di contesa per l'attenzione delle persone significative (talvolta sembra che si instauri tra loro una sorta di competizione). Tra i vari programmi alcuni prevedono proprio la strutturazione dell'interazione tra di loro, ad esempio mettiamo. delle figurine in un piatto, e si dice ai bambini<< uguale ! >> , loro devono appaiare per somiglianza tra le immagini, e devono farlo una volta per uno passandosi il turno dicendo il nome dell'altro. Inizia, ultimamente, anche a manifestare episodi di gioco simbolico. Quest'ultimo che consiste nel "far finta di" si configura come uno dei sintomi tipici dell'autismo (Frith,1989;Hobson,1993). Anche la presenza di stereotipie e la messa in atto di schemi ripetitivi è diminuita anche se questi non sono totalmente estinti. La loro messa in atto è purtroppo ancora presente nei momenti morti o in alcune routine, in cui se si cambia la sequenza degli eventi mostra difficoltà nell'adattarcisi, è come se avesse bisogno di una certa prevedibilità nelle cose che deve affrontare. Si sta lavorando molto per estinguere queste caratteristiche ma talvolta il lavoro oltre a risultare ostico risulta, purtroppo, anche inefficace. Altro aspetto su cui si sta prestando attenzione e in cui si iniziano ad ottenere risultati sono le autonomie di vita quotidiana. Alcune le svolge autonomamente e su sua iniziativa , altre invece necessitano di una guida, fisica o verbale, da parte dell'adulto. Anche se il lavoro da fare è indubbiamente ancora molto, si sono comunque ottenuti diversi risultati. Le diverse abilità, gradualmente acquisite, stanno consentendo di lavorare in un modo totalmente diverso rispetto all'inizio. Mentre prima le sessioni di lavoro si configuravano come una vera e propria lotta, in quanto il bambino non voleva entrare nella stanza di lavoro o vi fuggiva da questa dopo qualche secondo piangendo, ora, ci entra da solo e con piacere. Talvolta è lui stesso che vuole iniziare a lavorare e lo comunica proponendo attività o materiali utilizzati per gli apprendimenti. Capita anche che quando gli si da la pausa tra una sessione di lavoro e l'altra o all'interno della stessa sessione, il bambino continua autonomamente a lavorare , è come se fosse un modo per processare le informazioni che ha appreso. A volte ho l'impressione che abbia "sete di conoscenza", capita infatti che prende libri o indica oggetti,immagini, di cui non conosce la denominazione e ne richiede l'etichettamento... L'intero processo di generalizzazione, (ovvero l'estensione delle abilità in ambienti diversi e con persone diverse) delle diverse acquisizioni sta avvenendo in modo abbastanza spontaneo, l'ambiente in cui ciò è più facilmente riscontrabile è nel contesto scolastico. Qui, pur avendo ancora bisogno di qualcuno che lo affianchi al fine di direzionare la sua attenzione sulle richieste fatte, che necessitano di una semplificazione (torna qui il concetto precedentemente illustrato della figura dell' "ombra" ). Inizia a partecipare alle varie attività didattiche proposte come ad esempio manipolare la plastilina per riprodurre dei soggetti, fare disegni, fare esercizi fisici a ritmo di musica ed altre ancora.Tra le attività che sembrano per lui maggiormente motivanti c'è l'educazione musicale, nella quale esegue le attività imitando spontaneamente gli altri bambini. La femmina : Con la bambina sin dall'inizio il lavoro fu più semplice, si mostrò altamente motivata alle attività ed ai materiali preposti per gli apprendimenti. I suoi tempi d'attenzione furono da subito piuttosto elevati, questo consentiva quindi dei ritmi di lavoro veloci e consentiva l'inserimento nelle sessioni di lavoro di un gran numero di attività. Si pose molta attenzione su questo aspetto, limitarle il numero di attività l'avrebbe portata alla noia e ad una perdita della motivazione. Per quanto riguarda i rinforzi mostrò gradire particolarmente quelli di tipo sociale, si ricorreva quindi ad "applausi", elogi, ovazioni con il suo nome, ed altro ancora. Al di là di questi aspetti positivi ci dovemmo scontrare con la sua tendenza ad imporsi nella scelta delle attività da eseguire e con il suo alto senso di frustrazione che la rendeva facilmente irritabile. Inizialmente ci furono diversi episodi in cui le sue scelte interferivano con le nostre e questo talvolta non ci consentiva di lavorare. L'obiettivo da perseguire fu allora quello di ottenere la sua collaborazione anche nelle attività che non erano di suo gradimento. Intervenimmo su questo aspetto cercando di variare frequentemente le attività per gli apprendimenti, si alternavano quelle che più la interessavano a quelle che non rientravano nei suoi interessi. Il principio era che avrebbe dovuto imparare ad ascoltare l'adulto e accettare delle "imposizioni". A tal proposito fu molto d'aiuto anche il differenziare le tecniche di rinforzo, riservammo i rinforzi più significativi e motivanti alle attività che le interessavano meno e a quelle che per lei presentavano maggiori difficoltà. In questi casi anche il numero di rinforzi che le rendevamo era maggiore, il tutto serviva per aumentare la sua motivazione. L'aspetto della frustrazione invece era particolarmente presente quando le venivano proposte attività in cui trovava difficoltà nell'esecuzione, una di queste era il programma di imitazione verbale. In queste casi a seguito di un suo piccolo "fallimento" od errore metteva in atto delle condotte inappropriate, si gettava in terra, strillava, piangeva, fuggiva dalla stanza di lavoro e si rifiutava di interagire e continuare qualsiasi tipo di attività. Metteva in atto tutte le stereotipie che facevano parte del suo repertorio. Su questo aspetto intervenimmo principalmente cercando di evitare che si creassero situazioni di questo tipo, qualora non era possibile aumentavamo il numero di rinforzi, talvolta li davamo anche se il compito era approssimato e non totalmente corretto, e cercavamo di "calmarla" presentandole attività diverse. Ad esempio le proponevamo dei giochi strutturati in modo da renderli utili al fine dell'apprendimento e dell'acquisizione di abilità. Prestammo molta attenzione anche a concludere ogni sessione di lavoro con dei successi da parte della bambina, pertanto esse iniziavano con i programmi a difficoltà intermedia, si procedeva con quelli più complessi e si concludeva con quelli più semplici, così da garantirle il successo, la buona riuscita e quindi un buon ricordo del lavoro. Nel suo curriculum iniziale furono inserite circa 7 aree. Erano previsti programmi di ricezione in cui si insegnava l'identificazione di oggetti e di parti del corpo, programmi di imitazione di movimenti grosso-motori con e senza oggetti, un programma per l'imitazione fine motoria e per l'imitazione verbale, un programma finalizzato al linguaggio espressivo in cui si presentava del materiale di cui conosceva la denominazione e le si chiedeva cosa fosse, infine un programma in cui venivano date istruzioni singole. Le attività erano così ripartite: 40% per l'imitazione verbale, 40% per i programmi di ricezione, 15% per i programmi di imitazione motoria, 5% per i programmi di appaiamento. In tutti i programmi i suoi ritmi di masterizzazione (cioè la velocità di acquisizione) furono, da subito, piuttosto elevati. Adottammo diverse strategie al fine di facilitare gli apprendimenti, ad esempio per i programmi di imitazione grosso motoria di movimenti, usavamo esagerare i movimenti che doveva imitare. In questo modo oltre a risultare più chiari e più facilmente discriminabili, i movimenti stessi avevano il "potere"di catturare la sua attenzione. Nel programma di imitazione motoria con oggetti creammo delle sequenze che avessero un senso, ad esempio proponevamo sequenze di gioco con bambole, oggettini della cucina, animaletti finti e altro materiale da gioco che viene generalmente usato dai suoi coetanei. Le sequenze di gioco che doveva imitare all'inizio comprendevano 2-3 step, acquisita l'abilità si procedeva aumentandole di numero. Un aspetto molto interessante fu la sua spontaneità nel generalizzare nel contesto naturale ciò che acquisiva nel setting strutturato, mettendo in atto diverse volte condotte di gioco simbolico che sappiamo essere una tipica area di debolezza che accompagna il disturbo. Attualmente la bambina oltre ad aver affinato le abilità di cui era già in possesso, ha acquisito, e continua giornalmente ad acquisire, un gran numero di abilità. Il numero dei programmi su cui si lavora è triplicato ed è possibile riscontrare dei miglioramenti nelle diverse aree quali cognitiva, sociale, accademica. Nell'area cognitiva, come abbiamo visto, mostrava la caduta nell'imitazione vocale e gestuale. Queste "lacune" pur non essendo state totalmente colmate sono comunque andate migliorando, ad esempio l'uso del gesto d'indicazione è funzionale e direzionato. Spesso è in grado di mantenere l'attenzione congiunta..Per ciò che concerne l'area linguistica, ha acquisito un gran numero di parole molte delle quali vengono prodotte con la fonetica corretta. Le sue difficoltà fonetiche sono soprattutto legate: alla produzione di alcuni fonemi, come la R e la L, all'interno delle parole e alla differenziazione di alcuni fonemi specifici come la B e la V che non sempre è chiara. Sulle parole che non vengono prodotte in modo corretto ci si lavora con il programma di imitazione verbale, quelle più difficili vengono insegnate per sillabe e se necessario si danno degli ausili come ad esempio dei cartoncini su cui si divide simbolicamente la parola, o dei cubi a cui corrispondono simbolicamente le sillabe. Per l'apprendimento di alcune parole si fanno anche degli esercizi di imitazione orale, ad esempio si insegna spostare la lingua in varie direzioni, mettere le labbra in diverse posizioni, gonfiare le guance, fare le pernacchie. In tal modo si cerca di allenare l'apparato fono-articolatorio a dei movimenti indispensabili per l'emissione corretta di suoni corrispondenti a fonemi. Alcune volte gli esercizi vengono fatti davanti allo specchio, che in alcuni casi sembra sia funzionale al mantenimento dell'attenzione e sembra favorisca la discriminazione. Sempre per l'area linguistica ci sono stati notevoli miglioramenti nell'uso del linguaggio spontaneo da lei utilizzato soprattutto per richiedere cose in cui è necessario l'intervento dell'adulto. Alcuni esempi: chiede l'acqua qualora la bottiglia è collocata dove non può arrivare da sola, chiede il cibo che desidera quando ha fame, oppure chiede il cartoon che vuole vedere dicendone il nome del personaggio, ed altro ancora. Per un breve periodo per favorire lo sviluppo del linguaggio spontaneo e per far le capire la funzione comunicativa delle parole è stato utilizzato una sorta di metodo dei PECS che prevede l'insegnamento della comunicazione attraverso lo scambio di figure rappresentanti oggetti, verbi, pittogrammi. Pertanto le veniva dato un cartoncino preso dalla scatola delle sue chips preferite e le abbiamo insegnato a darci il cartoncino quando voleva mangiarle. Questa tecnica sembra abbia favorito l'inizio dell'uso del linguaggio spontaneo finalizzato alla richiesta. Nell'area affettivo-relazionale ha estinto quasi totalmente la tendenza all'isolamento, anzi ricerca spesso l'interazione sia con l'adulto, che con i pari con i quali interagisce nel contesto scolastico. A differenza di prima il rapporto con l'adulto non è più un rapporto di dipendenza, bensì questo è spesso finalizzato all'interazione vera e propria. Riesce a condividere delle attività con gli altri e sta iniziando ad imparare il rispetto dei "turni". Quest'ultimo aspetto, sappiamo, che si configura come uno dei requisiti fondamentali per l'interazione con gli altri e per condividere delle attività che prevedano la presenza di almeno due o più persone, un esempio tipico è la conversazione. Al fine di favorire lo sviluppo di questo aspetto, abbiamo inserito l'insegnamento dei giochi che prevedono il fare a turno ad esempio il Memory, il Forza Quattro, oppure si propongono attività in cui deve ricoprire ruoli diversi in momenti diversi ad esempio nel gioco del nascondino. Tutte queste attività le vengono proposte in modo semplificato e le vengono fatte fare sia con l'adulto che con i pari. L'interesse che inizia ad avere verso le altre persone sta portando buoni risultati oltre che nel processo di generalizzazione delle abilità apprese anche nell'apprendimento di nuove competenze. A scuola, ad esempio imita gli altri bambini e questo le sta permettendo di seguire al pari degli altri diverse attività didattiche e inoltre le sta favorendo l'instaurazione e il modellamento di comportamenti appropriati alla sua età cronologica. La riuscita nelle attività scolastiche è di per se motivante e gratificante, ciò la induce ad applicarsi e ad agire come parte attiva nel processo di apprendimento. Dagli studi in campo psicopedagogico emerge che se un soggetto esercita un controllo attivo sul suo processo di apprendimento impara meglio e impara di più (Cornoldi et al.,1993) Inoltre, la riuscita, il successo, nelle attività funzionano come un vero e proprio rinforzo. Questo però a differenza dei rinforzi che vengono dati nel setting strutturato, e se vogliamo artificiale, viene fornito dall'ambiente naturale, c'è quindi un' interazione diretta con questo. Questa è una fase fondamentale, è molto importante sperimentare il fatto che l'ambiente fornisce delle risposte ed è fondamentale che capire che le risposte che vengono date da questo sono direttamente correlate all'azione che ci si fa. Per quanto riguarda l'area motorio-prassica non ha mai avuto grandi problemi, ma sta comunque affinando le abilità fine motorie per le quali vengono fatti specifici programmi in cui possono essere esercitate. La presenza di schemi ripetitivi è notevolmente diminuita, questi vengono messi in atto sporadicamente e si manifestano principalmente nei così detti "tempi-morti", ovvero in quei momenti in cui non è impegnata in attività di qualche tipo. Anche nelle autonomie di vita quotidiana sta migliorando, se guidata con prompt verbali dall'adulto va autonomamente in bagno e riesce anche a svolgere sequenze più lunghe come il lavarsi le mani, il viso, mettersi i pantaloni. Tuttavia pur non avendo ancora acquisito la completa indipendenza nello svolgimento di tali attività, sulle quali si sta lavorando anche nel contesto scolastico, sta iniziando anche ad avere un maggior controllo delle funzioni sfinteriche, se sente l'esigenza di andare in bagno verbalizza questa sua necessità dicendo pipì, altre volte si dirige verso il bagno ma vuole comunque che ci sia con lei l'adulto.
La scuola : E' noto quanto non sia semplice interagire con questi soggetti, l'eterogeneità delle caratteristiche che accompagnano il disturbo autistico comporta la necessità oltre che di una conoscenza generale del tipo di disturbo e delle condotte dei soggetti da questi affetti anche di una conoscenza più approfondita dei soggetti specifici ai quali andrebbe prestata un'attenzione particolare e sui quali si dovrebbe fare un intervento individualizzato al fine di un migliore inserimento nel contesto scolastico. La numerosità degli alunni nelle classi, la ridotta disponibilità di spazi rende praticamente impossibile questo aspetto. Inoltre con le nuove riforme la figura dell'insegnante di sostegno ha cambiato connotazione, essa è in realtà a sostegno della classe, pertanto la sua attenzione non può focalizzarsi sul singolo caso. Pertanto potrebbe rivelarsi utile l'inserimento di un' ulteriore figura di supporto che stia al servizio sia dei bambini che del personale scolastico. Seguendo per due volte a settimana i bambini nella scuola sto valutando i risultati di un simile intervento e vorrei presentarne delle considerazioni personali. Intervistando le insegnanti, la collaboratrice scolastica e le assistenti di base della scuola materna frequentata dai due bambini circa le modalità di interazione messe in atto con essi ho potuto raccogliere alcune informazioni. Esse hanno dichiarato: Difficoltà iniziali nello stabilire un rapporto e nel gestire alcuni comportamenti che a volte mettono "a rischio" l'intero equilibrio di una classe. Lamentano una mancanza di preparazione circa le modalità d'intervento che favoriscano l'interazione con questo particolare tipo di bambini . dichiarano che il fatto di tentare un approccio con loro e fallire diventa una vera e propria frustrazione alla quale si rimedia con la resa. Raccolte queste considerazioni ho cercato nella prima fase del mio inserimento scolastico di mettere a disposizione delle insegnanti le mie conoscenze sul disturbo, abbiamo discusso delle caratteristiche principali che lo contrassegnano in termini generali facendo riferimento alle descrizioni della triade sintomatologica. Da questo confronto è emerso come spesso c'è un' errata interpretazione di alcune condotte, ad esempio alcune attività che il bambino vuole ripetutamente fare nello stesso modo vengono scambiate per preferenze o abilità di questo e vengono pertanto assecondate e proposte spesso in quanto sembra sia l'unico modo per "contenere i bambini". Sappiamo come in realtà questa sia una tipica manifestazione del disturbo ( si veda il terzo punto della triade sintomatologica ) e sappiamo anche quanto sia contro producente assecondarle. Ricerche a tal riguardo mostrano come queste interferiscano con la possibilità di interagire in modo adeguato con l'ambiente e di imparare comportamenti adeguati e funzionali (Schreibman,1988). Successivamente c'è stata una fase di confronto sulle caratteristiche specifiche dei due bambini e sulle strategie d'intervento più efficaci per l'interazione e il controllo di questi. Inoltre è stato presentato in termini generali il metodo di intervento ABA . Questo tipo di scambi e di confronti sta risultando molto utile e da questo stanno emergendo i primi risultati positivi sia per i bambini che per il personale scolastico. Conoscendo in modo approfondito i bambini e conoscendo le loro possibilità di comprensione ed esecuzione di determinati compiti sto cercando di dare dei suggerimenti alle insegnanti (senza in alcun modo imporre le modalità di relazione o senza voler svilire il loro ruolo). In fondo l'obiettivo che si vuole conseguire è lo stesso ovvero migliorare l'inserimento dei bambini e far si che sviluppino come gli altri nuove abilità. Il lavoro pertanto è inteso come una collaborazione e non come una sostituzione alla figura dell'insegnante di sostegno. I suggerimenti dati riguardano sia le effettive capacità dei bambini che le modalità in cui fare ad essi le richieste. E' capitato infatti che alcune attività didattiche che i bambini erano in realtà in grado di svolgere non le facevano per il semplice fatto che la richiesta di esecuzione era stata fatta con una modalità per essi non comprensibile. Ad esempio: l'insegnante propone alla classe di prendere le tavolette di legno e di rappresentare su queste con il pongo la primavera. Con questi bambini una simile istruzione si disperde troppo nell'ambiente e presenta un numero di stimoli per loro eccessivo, il risultato sarà che non svolgeranno l'attività anche se in realtà sarebbero in grado di farlo. Cosa fare per dare anche a loro la possibilità di partecipare all'attività? Si "addestra" l'insegnante del bambino circa le modalità in cui fare la richiesta. Ovvero essa dovrà affiancare il bambino e presentargli la richiesta in modo semplificato, dividendola in piccole tappe, usando un linguaggio semplice ridotto ai minimi termini e la dovrà tradurre in termini concreti. Il nostro bambino non conosce ancora il concetto di primavera, pertanto dovremo dirgli di fare i fiori, le rondini e il sole. In questo modo il bambino eseguirà il compito e potrà ottenere il risultato finale raggiunto dagli altri, anche se con un po' di ritardo nella consegna! Da quando si sta adottando questa modalità di lavoro le insegnanti riescono molto meglio nella gestione e nell'interazione con questi bambini che stanno diventando sempre più partecipativi e ne stanno traendo diversi vantaggi. Infatti questi oltre ad avere la possibilità di acquisire nuove abilità esercitare e generalizzare quelle di cui sono in possesso, hanno la possibilità di interagire in modo funzionale con i loro pari. Numerosi studi mostrano che l'interazione con i pari porta a questi soggetti diversi benefici, oltre a favorire la generalizzazione delle abilità che hanno acquisito consente ad essi di apprendere le abilità sociali(Campbell-Stremel e Campbell,1982).
Conclusioni : Nonostante siano passati più di 60 anni dalla sua individuazione, in un disturbo così eterogeneo come l'autismo, molte sono le ipotesi, poche le certezze. Sappiamo che il disturbo è di origine organica e sappiamo che la sua origine è multifattoriale. Nella pagina iniziale di un sito internet sull'autismo c'è una frase a mio parere molto esplicativa: "Autismo = malattia incurabile verso autismo = malattia sicuramente migliorabile ed in alcuni casi guaribile!" Sicuramente i vari metodi d'intervento e i risultati ottenuti con alcuni di questi fanno ben sperare. Concordo con l'esposizione di un centro studi sull'autismo nell'Oregon sulla necessità imminente di sviluppare strumenti per la valutazione del profilo cognitivo e neuropsicologico che consentano, data la sua importanza, di fare una diagnosi precoce, tra i primi 12-18 mesi di vita del bambino. Credo anche che sia importante fare un'opera di sensibilizzazione, circa le manifestazioni del disturbo, tra le persone che stanno a contatto con i bambini nelle loro prime fasi di vita, vale a dire educatori scolastici, pediatri e genitori, senza tuttavia creare un clima di esagerato allarmismo. Le stime circa la comparsa del disturbo sono in notevole aumento, pertanto dare una informazione sui "campanelli d'allarme" potrebbe essere utile al fine di un intervento tanto più tempestivo quanto più efficace. Per ciò che riguarda i trattamenti del disturbo sappiamo che la scelta è vasta, la letteratura scientifica recente mostra l'efficacia degli interventi di tipo educativo-comportamentale. Questi pur mostrando al loro interno delle differenze, circa i riferimenti teorici o le tecniche specifiche di applicazione, condividono: a) l'importanza della presa in carico dei vari contesti di vita del bambino (scuola, famiglia, et al..), b) la necessità di un insegnamento in un ambiente, più o meno, strutturato, c) la necessità di un insegnamento strutturato sulle abilità del soggetto, potenziare queste e costruirne di nuove. Tra le abilità insegnate accademiche, sociali, imitative, linguistiche è importante prestare un' attenzione particolare alle abilità riguardanti le autonomie quotidiane per dare la possibilità ai soggetti e alle loro famiglie di condurre una vita il più possibile simile a quella di tutti gli altri. E' importante anche agire sul "re-direzionare" i comportamenti inadeguati, in modo che i soggetti possano inserirsi nell'ambiente ed interagire con questo in modo efficace. Probabilmente in questo campo l'integrazione tra i vari punti di forza che presentano i diversi tipi d'intervento che vengono offerti, è il mezzo più efficace in assoluto per ottenere i risultati migliori , escludere a priori degli interventi potrebbe essere contro producente. Sappiamo quanto per questi soggetti al fine di ridurre stereotipie ed acquisire nuove competenze sia importante avere le giornate il più possibile organizzate in qualcosa di costruttivo, pertanto anche se si scegliesse un tipo d'intervento come ad esempio la metodologia ABA, potrebbe comunque portare dei buoni risultati integrare ad essa anche altri interventi come la logopedia, la delfino-terapia o ippo-terapia, In fondo lo scopo è unico cercare di migliorare le condizioni di vita di queste persone e far sì che non rimangano a vita chiusi in questa spirale che porta inevitabilmente al totale isolamento.
BIBLIOGRAFIA:
Berti A., Bombi A., "Psicologia dello sviluppo" Storia,Teorie,Metodi, Ed. Il Mulino, 2001. Del Miglio C.M., Manuale di Psicologia Generale, Ed. Borla. Martin G., Pear J., "Strategie e tecniche per il cambiamento". La via comportamentale, Ed. McGraw-Hill,2000.
Militerni R., Neuropsichiatria Infantile, Ed. Idelson-Gnocchi. Passolunghi M.C, De Beni R., I test per la scuola, Ed. il Mulino,2001. Altre fonti bibliografiche:
American Journal on Mental Retardation,Vol. 97, No 4, (1993) Journal of Consulting and Clinical Psychology, Vol.55, No 1,3-9, (1987). Siti internet consultati:
www.AutismResearchInstitute.com
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