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Cercando Jake. Un'esperienza ABA raccontata da una madre Stampa E-mail

FINDING JAKE

di Karen Siff

 

Karen Siff ha trascorso due anni e mezzo attuando un interventocomportamentale intensivo ABA con suo figlio Jake, al quale era stato diagnosticato un disordine pervasivo dello sviluppo quando aveva due anni. Ha scritto un racconto in prima persona sulla sua esperienza per ABCNEWS.com.

 

"Suo figlio di due anni assomiglia più ad un bambino di 15 mesi, per lo meno dal punto di vista dello sviluppo"

Questo è ciò che uno psichiatra, due logopedisti, uno psicologo, un terapista occupazionale e un pediatra convennero dopo due settimane, sette visite e 12 telefonate. Li guardavo sottoporre mio figlio a lunghi test, domande, cercando di convincerlo ed elogiandolo - registrando tutto con una videocamera nascosta. Alla fine, conclusero che Jake aveva qualcosa chiamata PDDNOS - Pervasive Developmental Disorder Not Otherwise Specified.

Questo è quello che tutti i dottori dissero. Eccetto uno.

Lo psichiatra pediatrico mi disse che voleva dirmi qualcosa. "Suo figlio ha l'autismo" disse di modo e di fatto.

Quando trovai mio figlio il giorno del suo secondo compleanno disteso a faccia in giù in mezzo alla strada, smisi di credere a ciò che il nostro pediatra di famiglia mi aveva detto negli ultimi mesi - che mi preoccupavo troppo.

La settimana successiva portai Jake dal primo di molti specialisti. La diagnosi di Jake arrivò dopo due mesi da quel compleanno. Credevo di dovermi sentire sollevata nel sapere che le mie preoccupazioni sullo sviluppo di Jake non fossero immaginarie. Non fu così.

Lo specialista provò a farmi sentire meglio spiegandomi che il PDDNOS era un autismo medio nello spettro del disordine, sottolineando il "medio ". Ma quella diagnosi mi confortò ben poco mentre guardavo il mio silenzioso figlio che a mala pena poteva avere un contatto oculare con sua madre. Non importa quale parola i dottori usassero per definire la sua condizione, la parola Autismo risuonava nella mia testa. Autismo significava che mio figlio entrava in un regno senza speranza e si ritirava dalla realtà. Lo avevo visto nei film, lo avevo letto nei libri.

 

Inizialmente, invece di occuparmi direttamente della diagnosi di Jake, entrai in quella che i dottori chiamano fase di "rifiuto". Il martedì in cui Jake fu diagnosticato, chiamai i miei genitori dall'ufficio del dottore per dargli la notizia.

Il giorno dopo, li richiamai per "non dargliela" - dicendo che sospettavo che la diagnosi fosse sbagliata.

Fortunatamente per Jake, la mia fase di rifiuto durò solo una settimana.

Come capii più tardi, il tempo era essenziale. Prima avremmo iniziato la terapia - migliore sarebbe stato il suo potenziale di guarigione.

Jake si era sviluppato normalmente fino a 17 mesi. Aveva raggiunto tutte le tappe di uno sviluppo normale - camminava, parlava e giocava come gli altri bambini della sua età.

Gradualmente nei mesi successivi, aveva smesso di parlare. Aveva smesso di giocare. Era come se ad uno ad uno, i suoi circuiti cominciassero a chiudersi. Il mio bambino di un tempo energico e vivace si era trasformato in un bambino indifferente e distaccato.

 

 

A PRANZO

Jake poteva a mala pena nutrirsi. Mentre i suoi coetanei divoravano pollo e patatine, io imboccavo Jake come un neonato, infilandogli in bocca i Cheerios e facendo rumori come "mmmmmmmm, buono" mentre gocce di latte gli colavano sul mento. Delicatamente ogni tanto gli ripulivo il viso.

Urlava se il latte gli toccava le mani o gocciolava sulla maglietta.

Jake voleva mangiare i Cheerios in una scodella gialla a colazione, pranzo e cena ma io non volevo permetterglielo. Facevo i pancake a forma di Topolino e polpette a forma di palline che ammucchiavo a forma di pupazzo di neve. Lui grugniva per dirmi che non voleva quei cibi.

Una settimana mangiò solo hotdog. Dovevano essere affettati in nove pezzi uguali sul suo piatto di Winnie the Pooh e il ketchup non doveva toccare l'hotdog. Ma mio marito Franklin non lo sapeva e una volta tornai a casa e trovai un bambino isterico steso sul pavimento della cucina spruzzato di rosso con suo padre disperato a fianco che cercava di calmarlo.

Una volta mio figlio si avventurò ad assaggiare gli spaghetti. Sembravano piacergli.

Per l'entusiasmo, uscii e comprai ogni tipo di pasta. E lui la mangiò, divorando i tubetti o le conchiglie rosse, verdi e gialle più velocemente di quanto potessi mettergli in bocca. Non voleva toccarla con le mani. La sensazione di gommosità della pasta contro la pelle gli toglieva il fiato. Una volta, la toccò per sbaglio con una mano e lui prese il vassoio davanti al seggiolone e lo vibrò così forte che si fece male da solo. Provai a confortarmi leggendo su giornali per genitori che dicevano che un sacco di bambini di 2 anni avevano problemi alimentari.

Ma persino il dott. Spok troverebbe normale quando un bambino tipico volesse mangiare ogni giorno a pranzo salsiccia sul pane. Quando lo fece mio figlio, era considerato dagli specialisti essere un "tipico comportamento autistico".

I giornali dicevano che ai bambini piace girare intorno, e fare rumori stupidi. Ma quando lo fece Jake, lui faceva ciò che i terapisti chiamano "comportamento autostimolatorio".

 

 

40 ORE SETTIMANALI

Fra tutti i dottori che consultai, quello che rispetto di più era la pediatra dello sviluppo Cecilia McCarton. La sua esperienza nel mondo dei disordini dello sviluppo infantile eguagliava la sua dolcezza. Dopo avermi spiegato esaurientemente la diagnosi di Jake, lei girò intorno alla scrivania e mi abbracciò.

Malgrado la sua onestà e compassione, quando la Dr. McCarton mi disse quante ore sarebbero state necessarie per la terapia di Jake, pensai quasi di consultare qualche altro.

"Suo figlio ha bisogno di 40 ore settimanali di Applied Behavior Analysis ( ABA )" mi disse.

"Più due 1/2 ore di logopedia e terapia occupazionale."

"Ma ha solo due anni ! È ancora troppo piccolo" strinsi Jake al mio petto nel suo ufficio.

"Più presto inizierete la terapia, meglio sarà. È fortunata che sia così piccolo".

La Dr. McCarton andò avanti spiegandomi della plasticità del cervello, e del potenziale del cervello di fare nuove connessioni se veniva introdotta la giusta terapia.

"La sola terapia che è stata scientificamente provato avere successo con bambini come Jake è l'ABA. È simile alla modificazione comportamentale.

Quando tuo figlio ha un comportamento adeguato, viene premiato. Quando ha invece un comportamento inappropriato, non viene punito, il comportamento è ignorato, o gli viene insegnato a fare qualcosa di più adatto. Recenti studi hanno dimostrato che con una terapia intensiva 1 a 1 ABA con un terapista e un bambino, per 40 ore settimanali, i bambini possono realmente riacquistare le abilità che hanno perduto e continuare ad imparare".

"Ma potrà mai parlare ?"

"Non lo sappiamo ancora."

"Sarà mai in grado di interagire, di giocare con gli altri bambini ?"

"Non lo sappiamo ancora."

C'erano un milione di altre domande che volevo farle, ma avevo paura delle sue risposte. Quando lasciai l' ufficio quel giorno e raggiunsi il parcheggio, la prima cosa che feci fu appoggiarmi sul volante e piangere. Lanciai uno sguardo nello specchietto a mio figlio. Jake guardava fisso il parabrezza. Dal momento che arrivai a casa, non sprecai altro tempo e incominciai le mie ricerche, Non è che non credessi alla Dr. McCarton, era solo che volevo essere sicura al 100% che avremmo preso la decisione giusta per nostro figlio. Trascorsi intere giornate a chiamare dottori, genitori di bambini con autismo, scuole speciali, organizzazioni per l'autismo centri locali e partecipai a conferenze sull'autismo. Sistemavo Jake sul pavimento vicino al telefono, e accarezzavo la sua schiena mentre lui si sdraiava sulla pancia e fissava il muro.

Dopo ogni telefonata, prendevo nota del nome, numero di telefono, e della conversazione su una agenda, datando ogni nuovo nome e codificando la referenza. Trascorrevo le mie notti cercando su internet e leggendo di tutti i diversi trattamenti per bambini con autismo - di tutto, dal nuotare con i delfini a terapie di gioco, terapia con l'ormone secretina, osteopatia cranio sacrale, auditory integrative therapy, psicoterapia, terapia nutrizionale ed omeopatica.

Ognuno aveva differenti opinioni sulla terapia da scegliere, quante ore, e come trovare fondi. Ognuno esponeva non solo le virtù della propria terapia, ma anche criticava tutte le altre.

 

 

UN IMPEGNO ENORME

Alla fine, mio marito Franklin ed io scegliemmo l'ABA come base per la terapia di Jake. La nostra decisione era basata sulla evidenza scientifica ottenuta in conversazioni con genitori di bambini autistici che erano stati curati con successo con una terapia ABA intensiva.

"È un impegno enorme" ci spiegò uno dei terapisti ABA "Non si tratta solo delle sessioni di terapia. Dovrete cambiare il vostro intero stile di vita per favorire vostro figlio"

 

E così fu. Adattammo il piano inferiore della casa a stanza per la terapia di Jake. Comprammo tutto ciò che occorreva, giochi, cibi e rinforzi speciali che i terapisti ci dissero di acquistare. Presi in mano l'amministrazione dell'affare. L'amministrazione della terapia di mio figlio divenne il mio lavoro a tempo pieno. Franklin ed io pensavamo che la parte più difficile fosse quale terapia scegliere. Sbagliavamo.

Non avevamo idea di quanto fosse difficile trovare terapisti ABA qualificati. Anche dopo essere stati accettati nell' Alpine Outreach Program, dovevamo trovare un nostro team di terapisti. Alpine avrebbe provveduto ad addestrarli.

Dopo aver chiamato i funzionari della nostra contea e genitori di bambini autistici per dei consigli, imparammo alla svelta che i più qualificati terapisti ABA erano impegnati. Ci fu detto che studenti del college o qualunque adulto energico e vivace poteva essere addestrato, così scrivemmo annunci nella biblioteca, all' YMCA, nei bar e nei centri ricreativi dei tre college locali.

Passarono settimane in cui fummo solo capaci di trovare 3 terapisti che potevano fornire una combinazione di 15 ore a settimana. Non eravamo per niente vicini al nostro obiettivo di 40 ore settimanali.

Sapevamo l'importanza dell'intervento precoce, ricordavamo la finestra cruciale che avrebbe cominciato a chiudersi il prossimo anno se non avessimo messo Jake in terapia il più presto possibile.

Così io e Franklin prendemmo la decisione di diventare i terapisti di Jake. Prendemmo 10 ore di addestramento teorico e 20 ore di insegnamento pratico per diventare qualificati per insegnare a nostro figlio. Restammo fino alla fine delle lezioni su condizioni operanti, imparammo a prendere i dati scientifici e completammo centinaia di pagine delle letture richieste.

 

 

INSEGNAMENTO PAZIENTE

Durante le mie sessioni di terapia, mi fu insegnato a sedermi di fronte a Jake, alla distanza di circa la lunghezza di un braccio, in modo da poter facilmente raggiungerlo. Sul piccolo tavolo vicino a noi c'era una scatola di plastica piena dei suoi "rinforzi commestibili" - M&M's, chocolate chips, pretzel pieces, raisins, che venivano usati come premio nella sessione. La scatola ai miei piedi conteneva rinforzi non commestibili - aeroplani, fischietti, giochi rumorosi e altri giocattoli stimolanti che sarebbero stati di motivazione per Jake a completare un esercizio.

Misi il quaderno per i dati dove avrei preso nota dei risultati vicino al grosso libro del programma, che conteneva le istruzioni di quale programma eseguire e in che ordine.

 

Jake aveva bisogno di molto aiuto durante la terapia. Doveva riapprendere semplici cose come rispondere all'istruzione "siediti" o "alzati", o anche rispondere al proprio nome.

"Siediti" dissi nella sessione di terapia con Jake, usando un tono regolare e guardandolo direttamente nel modo in cui il terapista mi aveva insegnato.

Nessuna risposta. Jake continuava a stare in piedi, gli occhi fissi al soffitto.

Segnai sull'agenda I come Incorrect, errato, per la risposta fornita nel suo primo esercizio.

"Siediti", ripetei, questa volta mettendo le mie mani sulle sue spalle guidandolo delicatamente verso la sedia.

 

Con gli occhi ancora distolti, mi permise di aiutarlo.

"Bravo !"e gli infilai una M&M tra le labbra increspate per lo sforzo, segnando una P per indicare che lo avevo aiutato manualmente nel secondo esercizio.

 

"siediti" ripetei 27 volte, alternando tra M&M's, cioccolato, patatine, abbracci e solletico, segnando ogni esercizio.

Poi iniziai con i 30 esercizi di "alzati", "gira intorno" e altri comandi ad una voce prima di iniziare ad insegnare a Jake "Fai questo" come lo avevo aiutato manualmente 30 volte per mettere una costruzione in un secchio. Dopo ognuno dei 30 esercizi, avevamo una pausa di gioco strutturata.

In 3 settimane di insegnamento fece un totale di 150 esercizi di "siediti", 180 di "alzati", e 2.100 esercizi in 10 settimane per insegnare a Jake a guardarci quando lo chiamavamo.

Ricordo di aver partecipato ad un meeting con un gruppo di Consultant e specialisti di autismo subito dopo aver ricevuto la diagnosi di Jake. Una di loro era anti-ABA e ne criticava l'intensità.

"È assurdo pensare che un bambino di due anni possa stare seduto per tutte quelle ore di terapia. Suo figlio dovrebbe solo uscire e giocare !" disse, alzando le braccia al cielo.

Senza perdere un secondo, Franklin guardò quella donna negli occhi e rispose "Lei non capisce. Mio figlio non sa come si fa a giocare."

Le pause di gioco durante le sessioni terapeutiche erano strutturate in modo tale che Jake potesse imparare come giocare. Jake aveva anche imparato quello che i terapisti chiamano "imitazione grosso motoria".

Mi dissero che sarebbe stato necessario apprendere queste abilità prima che potesse iniziare a parlare. I comportamenti grosso motori sono grandi movimenti come saltare o applaudire, cose che la maggior parte dei bambini fanno naturalmente. Se io battevo le mani o alzavo le braccia sulla testa e dicevo a Jake di copiarmi, lui non ci riusciva. Lui guardava solo nel vuoto, senza muovere un muscolo. Prima sapeva battere le mani.

A 17 mesi imitava ogni tipo di cosa io e Franklin facessimo. Ho trascorso ore a battere le mani e i piedi dicendo "Fai questo" come mi avevano insegnato i terapisti. Jake fissava lo spazio tra la mia testa e il soffitto. Prendevo le sue mani sottili nelle mie e gli mostravo come applaudire.

Quando le lasciavo andare, le mani gli ricadevano in grembo. Facevo il segno di vittoria sulla mia testa e dicevo "Fai questo ". Mio figlio guardava attraverso di me come se io non fossi nella stanza. Portavo Jake davanti allo specchio e gli alzavo le braccia così che potesse vederle. Non ero sicura di ciò che potesse vedere.

All'inizio, oltre a condurre la mia sessione con Jake, rimanevo seduta con lui anche nelle due ore di lezione dei terapisti. Lo facevo in parte perché volevo imparare più che potevo sul modo di insegnare, ma in parte perché non volevo stare lontano da mio figlio. Jake piangeva un sacco -qualche volta per tutte le due intere ore di terapia ABA. Piangevo anch'io, resistendo all'impulso di interrompere l'intera sessione per abbracciarlo.

A volte prendevo in considerazione l'ipotesi che forse le persone anti-ABA potessero avere ragione -questo approccio era troppo snervante per un bimbo piccolo. Un giorno un terapista suggerì che sarebbe stato meglio sia per me che per Jake se non fossi rimasta presente durante la sessione. Tenni conto del suo consiglio. Il pomeriggio andai in un negozio di elettronica a comprare un filo e un monitor per installare in casa una video camera. Nei giorni seguenti, guardai la lezione di Jake nella stanza accanto. Dopo le prime settimane di pianto, Jake cominciò veramente a seguire la lezione.

Sorrideva timidamente e guardava da dietro le mie gambe quando i terapisti entravano nella stanza. Li seguiva sui gradini e sedeva allegramente sulla sua piccola sedia quando lo aiutavamo a farlo.

 

 

FORMARE UN TEAM

 

Alla fine, trovammo più di 3 terapisti da introdurre nel nostro team ABA.

La combinazione totale di ore raggiunse finalmente il numero magico. Con 40 ore di ABA, Franklin ed io potemmo cambiare il nostro ruolo da terapisti 1 a 1 a "eclettici ". Questo significava che non dovevamo più lavorare con Jake nelle 2 ore di sessione intensiva, ma dovevamo sovrintendere la sua terapia in modo che potesse generalizzare al di fuori della lezione le abilità che gli venivano insegnate.

Per esempio, quando a Jake fu insegnato a fare ciao con la mano, noi dovevamo essere sicuri di aiutarlo ad usare questa sua nuova capacità in qualunque situazione lo richiedesse - quando qualcuno lasciava la casa o il parco. Talvolta era necessario creare le occasioni: Franklin avrebbe camminato da stanza a stanza nella nostra casa e io avrei retto la mano di Jake, aiutandolo a fare ciao ogni volta che il papà lasciava la stanza e si dirigeva verso la cucina.

 

Quando Jake stava imparando a puntare l'indice per indicare ciò che voleva , ci fu detto di stendere il suo dito e premiarlo ogni volta che veramente indicava le sue preferenze con l'indice teso. Veramente c'erano delle volte in cui sia io che Franklin ci guardavamo e dicevamo "Dagli il biscotto" dopo che avevamo aspettato per 15 minuti che lo indicasse. Sapevamo dai suoi grugniti e dai suoi piagnucolii ciò che voleva. Ma eravamo ossessionati dagli insegnamenti ABA sull'essere sicuri di premiare lo stesso comportamento che era stato rinforzato nelle sue sessioni, così la nostra responsabilità generalmente pesava di più della nostra impazienza. Anche il linguaggio dell'ABA divenne parte del nostro vocabolario. Ci eravamo spesso ritrovati al parco ad usare con Jake espressioni improbabili del tipo "buona scivolata sullo scivolo !" o "fammi vedere un salto !".

Attaccavo il programma settimanale di Jake al frigorifero così da poter essere sempre informata delle differenti sessioni che aveva con i terapisti in quei giorni.

 

Il programma tipico del Lunedì di Jake prevedeva :

9:00-11:00 ABA (Laura)

11:30-12:00 logopedia (Jane)

12:00-12:30 pranzo

12:30-2:30 ABA (Anna)

2:30-3:00 Snack/riposino

3:00-5:00 ABA (Lisa)

5:30-6:00 Occupational Therapy (Deb)

6:30-7:00 cena

7:30 Bedtime

 

Tutti i miei amici avevano programmi per i loro bambini che includevano sessioni di gioco, ginnastica o musica. E tutti avevano il tempo per un sonnellino.

Prima della diagnosi, Jake riposava due-tre ore al giorno. Dopo, ci riducemmo a soli 20 minuti di sonnellino tra la sessione del medio e tardo pomeriggio.

Con l'eccezione della terapia occupazionale, le lezioni di Jake si svolgevano a casa, Sabato e Domenica provavamo a seguire una sessione per metà giornata in modo da avere il tempo per portare Jake al parco e fare le normali cose che le normali famiglie fanno. Ogni volta che ci allontanavamo per un weekend o una vacanza, portavamo un terapista con noi.

Passarono mesi di terapia e anche se una parte di me tendeva ad un maggiore ottimismo mentre guardavo Jake imparare semplici abilità, una parte di me veniva presa dai dubbi.

Non potevo immaginare che mio figlio avrebbe potuto parlare. I genitori sanno sempre con sicurezza che il loro figlio camminerà, parlerà, giocherà e crescerà fino a diventare adulto. Io non potevo vivere con questa certezza.

Sognavo, speravo che sarebbe stato così, ma mi chiedevo se non avrebbe continuato per sempre a grugnire.

Siccome aveva 2 anni, potevo con indifferenza dire alle altre madri al parco, "Oh, mio figlio ha un ritardo del linguaggio." Loro assentivano dicendo che i maschietti parlano dopo rispetto alle femminucce. Ma io immaginavo che quando Jake avesse avuto 6 o 7 anni, non sarebbe più stato possibile coprirlo. Con la crescita, non lo avrei più potuto proteggere.

 

 

BRECCIA

Una sera in Ottobre, tre mesi dopo la diagnosi di Jake, avevo dato il numero di telefono ad una madre di un bambino con la stessa diagnosi. Era stata molto incoraggiante, spingendomi a tenere alto il numero di ore di ABA e esponendomi l'importanza dell'intervento precoce.

"Mio figlio Mitchell è stato diagnosticato alla stessa età del tuo. Mio marito ed io siamo stati diligenti sul fatto che avesse le dovute terapie settimanali 1 a 1. Abbiamo fatto logopedia e terapia occupazionale, ma la maggioranza erano ore ABA. È vero ciò che dicono della plasticità del cervello a quella età... iniziate subito e avrete una grande chance di... "

E poi sentii una piccola voce al telefono.

"Mamma, posso andare fuori ora.... perfavoreeee ?"

"Aspetta un minuto amore, ho quasi finito"

"Chi era, tuo figlio più grande ? " risi.

"No, era Mitchell "

Piansi.

E lei mi lasciò fare. Sapeva. Sapeva cosa significava essere dall'altro capo del telefono.

Non potevo immaginare che sarei mai diventata come lei.

Nel tempo Jake imparò a battere le mani, salutare, alzarsi, sedersi, saltare e girare intorno.

Imparò come indicare gli oggetti e le parti del corpo, a riconoscere foto di persone familiari, ad imitare movimenti grosso motori e a giocare.

Cominciò anche una imitazione vocale. Controllavo che tutta la sua attenzione fosse focalizzata sul viso dei terapisti, imitando la forma della loro bocca che emetteva suoni e provando a riprodurre i suoni da solo.

 

Lunedì 4 Maggio, approssimativamente 9 mesi dopo il primo giorno di terapia, il suo terapista mi chiamò nella sessione. Aiutando Jake, sussurrava al suo orecchio e richiamava l'attenzione verso di me. In piedi al centro della stanza, lui sorrideva guardando il terapista che faceva si con la testa approvando.

"TI VOGLIO BENE", disse con una flebile voce.

Stringendolo a me, gli risposi "Ti voglio bene anche io".

Sono passati due anni, 700 giorni, 4160 ore, e centinaia e centinaia di trials di terapia ABA. Gradualmente, il suo linguaggio è cominciato a venir fuori, e ha raggiunto abilità sociali.

È diventato autonomo in bagno a 3 anni. Ha avuto il suo primo amico a 3 anni e 1/2, A 4 anni, ha cantato per me Happy Birthday

Ha cominciato a frequentare un asilo per bambini "normali ", con un sostegno che ha lavorato in stretta collaborazione con la sua maestra che riferisce che Jake si è adattato. per i suoi compagni, Jake è uno di loro. So che mio figlio ha ancora bisogno di aiuto - non nello stesso modo in cui lo sapevo due anni fa quando trovai Jake steso a faccia in giù per strada. Posso guardare nei suoi occhi. Non capisce ancora un lungo racconto come fanno gli altri bambini, il suo linguaggio è ancora al di sotto di quello dei suoi coetanei.

I suoi circuiti, che si erano interrotti a 17 mesi, sono quasi tutti riattivati e.... finchè non lo saranno tutti, Franklin ed io intendiamo continuare con la sua terapia.

Lo faremo fino a quando saremo sicuri che Jake può fare da solo.

 

Il figlio che avevamo creduto di aver perso è tornato da noi. Non vogliamo perderlo di nuovo.