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La Relazione Finale del Tavolo Nazionale di lavoro sull'autismo presso il Ministero della Salute Print E-mail

Ministero della Salute

 

 

 

 

TAVOLO NAZIONALE DI LAVORO SULL’AUTISMO

RELAZIONE FINALE

 

Il Tavolo di lavoro sulle problematiche dell’autismo, istituito su indicazione del Ministro della Salute, composto da rappresentanti delle Associazioni maggiormente rappresentative nel territorio nazionale, da esperti, Tecnici delle Regioni, dell’Istituto Superiore di Sanità, delle società scientifiche e delle associazioni professionali della riabilitazione, ha condotto i propri lavori dal maggio 2007 al gennaio 2008, con incontri che si sono succeduti sia come riunioni plenarie che per gruppi di studio.

I temi trattati hanno riguardato la diffusione dell’autismo e delle cause, i problemi relativi alla presa in carico, all’assetto dei servizi, all’efficacia dei trattamenti, alla formazione degli operatori, alle necessità di ricerca scientifica.

La presente relazione rende conto dello sviluppo della discussione sui temi citati, riportando i contenuti unanimemente condivisi, i contenuti su cui non vi è stata convergenza, e delineando un insieme di proposte operative e di raccomandazioni finalizzate a migliorare la programmazione degli interventi sanitari e sociali in favore delle persone con autismo e delle loro famiglie.

 

 

TEMI SU CUI SI E’ MANIFESTATA PIENA CONVERGENZA

 

Nel corso delle attività del Tavolo si sono potuti identificare alcuni temi su cui si è manifestato un accordo espresso da tutti i diversi componenti del Gruppo di lavoro:

 

  • I programmi per la cura e tutela delle persone con disturbi di tipo autistico richiedono un cambiamento di paradigma nell’approccio alla disabilità imperniato sulla persona, i suoi diritti, le sue necessità e le sue potenzialità. Questo approccio comporta una politica generale dei servizi rispettosa della globalità della persona con autismo, dei suoi progetti di vita e di quelli della sua famiglia; questa politica complessiva deve svilupparsi su tutto l’arco della vita delle persone con autismo Inoltre la tutela della salute, l’accesso ai processi di abilitazione e di inclusione sociale devono essere garantiti ad ogni soggetto indipendentemente dalla natura e gravità della sua disabilità, o dalla sua età .

 

  • L’autismo va inquadrato come un Disturbo Pervasivo dello Sviluppo (secondo gli ormai accreditati sistemi di classificazione internazionali, ICD 10 e DSM IV) e non più come “Psicosi”, essendo ormai superata l’interpretazione psicorelazionale dell’eziologia della patologia autistica. Secondo le indicazioni ormai consolidate della letteratura internazionale, è appropriato considerare l’autismo come una patologia precoce del sistema nervoso centrale che determina una disabilità complessa che colpisce pervasivamente la comunicazione, la socializzazione e il comportamento.

 

  • Va perseguita una azione che permetta la diffusione di processi diagnostici precoci, di una presa in carico globale che si sviluppi per tutto l’arco della vita. I trattamenti cognitivo comportamentali e psicoeducativi costituiscono attualmente il nucleo centrale e essenziale degli approcci abilitativi e terapeutici che vanno attivati il più precocemente possibile.

 

  • Vi è l’esigenza di una rete di servizi sanitari specialistici, di diagnosi e trattamento, accessibili e omogeneamente diffusi in tutti i territori regionali, per garantire il superamento della disomogeneità e della difformità di opportunità di cura e presa in carico attualmente segnalato da Famiglie , Istituzioni e Servizi.

 

  • La rete dei servizi sanitari, sia territoriali che ospedalieri, sia specialistici che di base, deve garantire un approccio multiprofessionale e interdisciplinare per poter affrontare con competenza e coesione la complessità e l’eterogeneità delle sindromi autistiche.

 

  • E’ essenziale il raccordo e coordinamento tra i vari settori sanitari coinvolti così come l’integrazione tra gli interventi sanitari e quelli scolastici, educativi e sociali, tra servizi pubblici e servizi del privato e del privato sociale, le famiglie e le loro Associazioni.

 

  • Occorre diffondere la consapevolezza che l’autismo è un problema che riguarda l’intero ciclo della vita. Più di una ricerca condotta in vari territori regionali segnala il crollo numerico delle diagnosi di autismo dopo i 18 anni. La situazione delle persone adulte affette da autismo è fortemente condizionata dalla carenza grave di servizi, di progettualità e programmazione per il futuro che produce troppo spesso un carico esorbitante per le famiglie con il rischio di perdita di autonomie e abilità faticosamente raggiunte, di abusi di interventi farmacologici per sopperire alla mancanza di idonei interventi psicoeducativi o di adeguata organizzazione dei contesti e degli spazi vitali, di istituzionalizzazioni fortemente segreganti in quanto puramente custodialistiche e restrittive. Vi è quindi l’esigenza di una presa in carico che si muova per tutto l’arco della vita delle persone con autismo, dall’infanzia all’età adulta e anziana.

 

  • E’ necessario assicurare non solo la quantità, ma anche una qualità dei servizi orientata non tanto o non solo a requisiti intrinseci al servizio, quanto ai risultati ottenuti a livello individuale e generale in termini di continuo miglioramento della qualità di vita della persona.

 

  • Va garantito il diritto degli interessati a conoscere, quando possibile, la diagnosi etiologica promuovendone la ricerca sia attraverso Istituzioni pubbliche che Fondazioni, Enti privati e del Privato sociali.

 

 

QUESTIONI CONTROVERSE

 

Nel corso degli approfondimenti condotti, si sono manifestate divergenze, in particolare sull’interpretazione del fenomeno dell’aumento del numero delle diagnosi di autismo registrato in questi ultimi anni in vari Paesi e sulla teorizzazione di una causa “ambientale”, tossico-infettivo-alimentare delle sindromi autistiche.

L’ipotesi di una vera e propria forma di “epidemia” di autismo viene contraddetta dalle considerazioni, riportate sia dalla letteratura internazionale che nazionale, che riconducono il pur evidente incremento del numero delle diagnosi di autismo non ad un loro aumento in assoluto ma “relativo” in rapporto a loro maggiore riconoscimento. Questo andamento è relativo:

 

  • alla modificazione dei criteri diagnostici e al forte ampliamento dei criteri di inclusione; attualmente vengono inclusi nella diagnosi di autismo, ad esempio, anche i soggetti con manifestazioni di ritardo mentale che nella primitiva definizione erano esclusi. Di fatto esiste ancora una certa confusione in merito all’autismo, sia a causa della rapida evoluzione dei riferimenti concettuali, sia per le difficoltà (o le resistenze) dei servizi, o dei gruppi operativi legati ad esperienze di tipo privatistico, ad adeguarsi all’utilizzo di criteri diagnostici unanimemente condivisi. La non applicazione di sistemi diagnostici uniformi rende il confronto tra i dati sulla prevalenza dell’autismo di fatto assai precario. L’utilizzo sistematico e continuativo dei sistemi diagnostici riconosciuti a livello internazionale (la classificazione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità ICD 10 o quella dell’Associazione Psichiatrica Americana DSM IV) è premessa essenziale per una corretta valutazione della reale entità del fenomeno. Ulteriori conferme al fatto che i dati di prevalenza ottenuti sono condizionati dai sistemi diagnostici utilizzati si hanno da studi che, sebbene condotti alcuni decenni fa, indicavano tassi di prevalenza delle patologie autistiche, studiate già allora con criteri di inclusione molto simili a quelli attuali, che risultano sovrapponibili a quelli delle più recenti stime.

 

Questa interpretazione sull’aumento del numero delle diagnosi è inoltre sostenuta dalle seguenti considerazioni:

 

  • studi internazionali compiuti da servizi sanitari sulle diagnosi dei propri pazienti in carico, effettuate secondo sistemi classificatori omogenei, hanno confermato un sensibile aumento delle diagnosi riferite allo spettro autistico, ma che nel contempo hanno messo in evidenza una diminuzione di quelle riferite al ritardo mentale e ai disturbi dell’apprendimento. Questo fenomeno si è evidenziato anche in alcune esperienze regionali italiane.

 

  • l’andamento del numero delle “certificazioni”, per la frequenza scolastica dei minori in situazioni di disabilità previste dalla legge 104, non ha manifestato nel corso di questi anni un aumento così rilevante come si dovrebbe supporre se ci si trovasse di fronte ad uno stato di “epidemia”. Il dato sulle “certificazioni”, sia pure nella sua connotazione di riferimento generale, rappresenta un elemento di sicura significatività poiché sembra molto difficile che per bambini con patologie dello spettro autistico, che manifestano dunque quadri evidenti di disabilità nella socializzazione e nel comportamento, non siano stati richiesti, nella realtà attuale della scuola italiana, gli interventi di sostegno previsti dalla “certificazione”.

 

  • il rapporto maschi/femmine che si ritrova nell’ambito delle sindromi autistiche si mantiene costante nel tempo. La maggiore frequenza di persone affette da autismo nel sesso maschile è un dato già evidenziato fin dai primi lavori di Kanner e di Asperger; questa maggiore prevalenza di patologie autistiche nei maschi si è mantenuta stabilmente ed è stata confermata nel corso dei numerosi rilevamenti condotti in questi ormai settanta anni. Il costante rapporto 4/1 di manifestazioni autistiche nel sesso maschile rispetto a quello femminile non sembrerebbe confermare un ipotesi epidemica in cui non ci si dovrebbe attendere una distribuzione della patologia nei due sessi così dissimile.

 

In ogni caso la constatazione che i disturbi dello spettro autistico sono molto più frequenti di quanto ritenuto in passato, richiede un rapido e profondo processo di riorganizzazione dei servizi e in prima istanza di quelli sanitari, sia per quanto riguarda l’effettuazione della diagnosi tempestiva e la continuità tra diagnosi e inizio di un adeguato progetto terapeutico, integrato altrettanto precoce, sia per quanto riguarda l’esigenza di coprire il vuoto, anche diagnostico, degli interventi per l’età adulta.

 

Nel corso dei lavori del Tavolo sono emersi altri temi che richiedono ulteriori approfondimenti ma che, data la loro complessità e specificità, non si è ritenuto possibile affrontare con la completezza necessaria.

Ad esempio la segnalazione che i bambini affetti da sindromi autistiche manifesterebbero una maggiore presenza di disturbi gastrointestinali e una anomala permeabilità della parete intestinale o alterazioni dismetaboliche complesse. Sono state avanzate ipotesi di una relazione diretta tra autismo e anomalie gastrointestinali e si sono diffuse terapie basate su diete specifiche o sull’assunzione di integratori alimentari e vitamine. Il Tavolo ritiene che su questo tema in particolare sia necessario condurre approfondimenti e valutazioni di efficacia specifici, e compiere studi che si collochino in un ambito scientifico strutturato, e per i quali siano richiesti approcci metodologici formali e riconosciuti dalla comunità scientifica. Tali approfondimenti non possono esser considerati di pertinenza del Tavolo per l’autismo e si è ritenuto che studi specifici debbano essere promossi e/o coordinati dall’Istituto Superiore di Sanità che può garantire adeguatamente sia il livello di scientificità necessario che la correttezza metodologica.

 

LA PROPOSTA SCATURITA DAI LAVORI DEL TAVOLO AUTISMO

 

La sindrome autistica, per la sua complessità diagnostica e gestionale, per le sue implicazioni teoriche e scientifiche, rappresenta un modello paradigmatico per la programmazione di un complessivo piano di intervento e per la sperimentazione di una “azione di sistema nazionale”, denominabile specificamente come “progetto nazionale autismo”, che sia in grado di:

 

  • elaborare da parte del Ministero della Salute, in collaborazione con le Amministrazioni Regionali, un piano di indirizzo operativo che fornisca indicazioni omogenee per la programmazione, attuazione e verifica dell’attività per i minori e adulti affetti da autismo, per migliorare le prestazioni della rete dei servizi, favorire il raccordo e coordinamento tra tutte le aree operative coinvolte;

 

  • definire un modello organizzativo imperniato sulla rete complessiva dei servizi che preveda l'implementazione di funzioni operative specificatamente formate ed orientate alle problematiche dell'Autismo e l'individuazione, in ogni Regione, di centri di riferimento con consolidate competenze ed esperienze a supporto dell'attività svolta dai Servizi territoriali e in continuo raccordo con gli stessi e le famiglie, con i seguenti obiettivi:

 

    1. distribuire uniformemente a livello territoriale gli interventi di base per poter rispondere ai bisogni del bambino e dell’adulto con autismo e delle famiglie nel contesto naturale di vita;

 

    1. garantire le essenziali attività di supporto, sia diagnostiche che di trattamento e verifica dei risultati, attraverso l’attivazione o il potenziamento di specifiche unità operative che, inserite all’interno della rete dei servizi, possano fornire le necessarie competenze specialistiche operando per bacini territoriali più ampi di quelli delle singole Aziende sanitarie. Queste funzioni specialistiche debbono garantire le competenze necessarie in un contesto di stretto e continuo raccordo con i servizi di base e le famiglie alle quali deve essere fornita adeguata formazione per rispondere alle esigenze speciali del loro famigliare con autismo;

 

    1. favorire la crescita di percorsi di continuità, sia diagnostica che di presa in carico e trattamento, tra Servizi di Neuropsichiatria Infantile e quelli di Psichiatria degli Adulti accrescendo le competenze dei Dipartimenti di Salute Mentale potenziando gli ambiti comuni di lavoro;

 

    1. finalizzare i raccordi operativi con la rete pediatrica e con la medicina di base a rispondere anche ai bisogni di salute dei singoli pazienti;

 

    1. offrire una risposta concreta per l’intero ciclo della vita dei pazienti, orientando l’integrazione dei servizi sanitari, educativi e sociali nei loro rapporti reciproci e nelle loro connessioni con le iniziative delle Associazioni delle Famiglie, del Privato e del Privato Sociale.

 

  • definire standard qualitativi e quantitativi minimi per i servizi, differenziando i servizi per i minori e quelli per gli adulti, e introdurre nei LEA alcuni indicatori specifici;

 

  • favorire un coordinamento tra tutte le aree sanitarie coinvolte : le Neuropsichiatrie infantili, i Servizi di Psichiatria dei Dipartimenti di Salute Mentale, la rete complessiva della Pediatria (ospedaliera e di libera scelta) anche per programmi di screening precoci e la Medicina di Base;

 

  • sollecitare l’attivazione e la diffusione di modelli abilitativi e terapeutici integrati e multidisciplinari;

 

  • potenziare i raccordi tra le aree sanitarie e le istituzioni educative e il mondo della scuola (con particolare attenzione alla scuola dell’infanzia) per raggiungere, oltre al particolare impegno nei percorsi di inclusione scolastica dei bambini e adolescenti con sindromi autistiche, un solido ed efficace intervento educativo. Particolare attenzione va posta anche alle esigenze di adeguamento dei meccanismi di coordinamento tra reti sociosanitarie e scolastiche alle complesse problematicità insite in questi percorsi di inclusione;

 

  • promuovere progetti specifici nel campo della ricerca, in particolare sulla qualità dei servizi che va indagata sulla base di indicatori di efficacia delle procedure abilitative; nel settore della formazione, con lo scopo di favorire la diffusione, attraverso piani formativi, interistituzionali e multidisciplinari, delle conoscenze nel mondo dei servizi e della scuola per una più ampia integrazione sociale delle persone con autismo.

 

ALCUNE INDICAZIONI SPECIFICHE

 

Indirizzi per l’organizzazione dei servizi

 

I componenti del Tavolo Autismo, in questo riprendendo le più recenti linee guida internazionali e nazionali (SINPIA), indicano alcuni obiettivi, che risultano oggi prioritari, su cui fondare l’organizzazione dei Servizi:

 

  • anticipare i tempi della diagnosi nella fascia di età infantile e garantire processi diagnostici accurati ed adeguati per l’età adulta. Utilizzare per le diagnosi il sistema di codifica internazionale ICD 10 dell’Organizzazione Mondiale della Sanità;

 

  • dare continuità alla diagnosi e alla presa in carico con l’attivazione di interventi educativi e abilitativi multidisciplinari basati sulle evidenze e sulla valutazione funzionale individualizzata;

 

  • costruire una stretta rete di collaborazione e di raccordi tra operatori sanitari, sociali, educativi e famiglie avvalendosi di Accordi di Programma; in tale ottica vanno sperimentati modelli organizzativi che possano favorire continuità e efficacia alla collaborazione interprofessionale e l’attuazione compiuta di un intervento educativo che possa concretamente condurre all’inclusione scolastica e sociale;

 

  • accrescere e diffondere le competenze necessarie a favorire il percorso di crescita individuale delle persone con autismo nei processi di inclusione scolastica e sociale;

 

  • garantire la continuità della presa in carico al passaggio tra età infantile e età adulta con l’adeguamento alle attuali necessità che richiedono servizi per tutto l’arco della vita;

 

  • adottare nuovi sistemi di controllo della qualità dei servizi, o adeguare quelli esistenti, verso modelli di Total quality management, orientati al perseguimento continuo di una migliore qualità di vita e della soddisfazione degli utenti e delle loro famiglie , coerentemente con le raccomandazioni sulla qualità dei servizi adottate dal Gruppo di Alto Livello sulla Disabilità dei rappresentanti degli Stati membri dell’UE presso la Commissione Europea .

 

  • supportare le famiglie;

 

  • prevenire e contrastare il fenomeno dell’istituzionalizzazione e avviare processi di de-istituzionalizzazione.

 

L’intervento abilitativo e terapeutico integrato e multidisciplinare per bambini con autismo

 

La particolarità della situazione italiana vede attualmente:

 

  • tutti i bambini con disabilità frequentare la scuola pubblica in un contesto di inclusione nella naturale organizzazione scolastica;

 

  • la crescita di un modello di intervento riabilitativo per la disabilità infantile che, avendo posto particolare attenzione ai bisogni evolutivi dei bambini e alle loro necessità di vita famigliare, scolastica e sociale, si è caratterizzato fortemente nei suoi contorni teorici e pratici innovativi in questi anni, permettendo la crescita di un corpus culturale e scientifico specifico della riabilitazione infantile;

 

  • la centralità dei Servizi pubblici del Servizio Sanitario Nazionale e il loro collegamento con i Servizi del privato sociale.

 

Va però considerato come vi siano ancora molte difficoltà a diffondere e consolidare l’applicazione di modalità organizzative e abilitative che rispettino la consapevolezza, ormai condivisa, che l’intervento psicoeducativo precoce e intensivo può essere grandemente efficace nella riduzione della disabilità. Si richiede perciò di attivare un intervento che, nell’ottica essenziale dell’inclusione, non si limiti a interventi frammentati e accessori, ma offra, coordinando efficacemente l’uso del tempo che il bambino vive nella scuola e nella famiglia, un competente ed individualizzato processo educativo.

Tutto ciò richiede, anche per evitare gli errori del passato, di porre una particolare attenzione all’implementazione di interventi la cui efficacia sia sostenuta dall’evidenza scientifica, ma anche di evitare esasperazioni nell’applicazione di modelli terapeutici e abilitativi che si sono evoluti in contesti sociali, culturali e organizzativi diversi dal nostro, e che spesso sono già messi in discussione e superati da nuove e più flessibili modalità di intervento anche nella culture di origine.

Per progetto terapeutico integrato si vuole intendere un piano operativo rappresentativo di un’organizzazione articolata degli interventi, organizzazione che eviti i rischi di supremazie di convinzioni personalistiche e autoreferenziali dei singoli operatori, che rafforzi la prospettiva del “lavoro di equipe” e di “collegialità di gruppo operativo” e che produca un approccio multiprofessionale e interdisciplinare in grado di individuare i bisogni prioritari del bambino e le strategie ritenute più idonee per affrontarli. Si intende dunque un’organizzazione in cui le scelte operative discendono dal confronto tra professionalità e tra competenze e non dai particolari orientamenti e convincimenti dei singoli professionisti, pubblici o privati.

Ma i bisogni di integrazione non si rivolgono solo ad un modello organizzativo dei servizi in cui viene favorito l’apporto culturale e scientifico delle diverse professionalità, ma anche alla necessità di affrontare con una visione di insieme le conoscenze, ormai assai ampie, sugli interventi psicoeducativi e cognitivocomportamentali, rifuggendo da semplificazioni meccaniche riguardo al loro utilizzo, e anche da atteggiamenti riduttivi che esasperano le convinzioni in merito ai benefici di un metodo rispetto ad altri.

Si è ormai consolidata la consapevolezza che, allo stato attuale delle conoscenze, gli interventi abilitativi e psicoeducativi di tipo cognitivo comportamentali costituiscono il trattamento elettivo per le patologie dello spettro autistico. La ricerca sugli esiti degli interventi ha dimostrato inoltre che queste metodologie sono quelle che più sono state supportate da studi di validazione, e disponiamo di sufficienti indicazioni che indirizzano verso i trattamenti di tipo evolutivo o che inducono a considerare “non raccomandabili” alcune altre tipologie di intervento. Va tenuto presente che fino ad oggi gli studi disponibili riguardano metodiche di trattamento messe a punto e realizzate in contesti culturali diversi da quello italiano poiché raramente prevedono la prassi dell’integrazione scolastica.

Negli ultimi anni nel nostro paese sono state realizzate numerose esperienze che hanno utilizzato un approccio di tipo psicoeducativo e che hanno documentato esiti positivi, prevedendo in particolare la condivisione del progetto individualizzato tra famiglia, scuola e operatori socio-sanitari.

All’interno di una generale considerazione di efficacia degli interventi psicoeducativi, dovrebbero essere attualmente abbandonate dichiarazioni di preminenza di uno specifico metodo su un altro; la competizione tra i diversi modelli abilitativi, che di fatto fanno capo tutti a un quadro di riferimento cognitivo comportamentale, è oggi ampiamente superata da una visione non categoriale ma dimensionale delle scelte da compiere nella progettazione di un intervento in funzione delle caratteristiche e necessità di ogni singolo bambino e singola famiglia.

Oggi sappiamo che occorre farsi carico dei bambini, valutare il loro stile cognitivo e comunicativo, le loro abilità di base per impostare un programma individualizzato, disponendo di una vasta scelta di strumenti abilitativi, utilizzando sistemi assestati per valutare le strategie adeguate e i loro risultati.

Sono necessari numerosi “luoghi” in cui si possano conoscere molti bambini, impostare programmi individualizzati e utilizzare al meglio diversi interventi. Solo “luoghi esperti e intelligenti”, radicati nei servizi sanitari pubblici e privati, possono affrontare efficacemente la complessità del problema e l’intervento multimodale che ne consegue. Sulla base delle esperienze condotte nel nostro paese e tenendo presente quanto emerso dalla ricerca internazionale, si ritiene opportuno l’utilizzo di specifiche componenti del trattamento all’interno di un progetto condiviso tra scuola, famiglia e operatori sociosanitari e non invece di programmi preconfezionati, codificati in contesti diversi da quello italiano.

In una cornice epistemologica e filosofica coerentemente basata sul metodo scientifico, vanno quindi sottolineate la possibilità e la necessità di integrare interventi finalizzati allo sviluppo di abilità verbali e comunicative, al potenziamento di abilità cognitive e di autonomia individuale e sociale, ad una migliore gestione della percezione di sé nel tempo e nello spazio, il tutto all'interno di un quadro di collaborazione tra le tre agenzie principali che hanno in carico il bambino, la famiglia, la scuola e i servizi e quindi in un prioritario e stretto raccordo tra il mondo dei servizi sanitari e le istituzioni educative e scolastiche.

 

RACCOMANDAZIONI

 

Il Ministero della Salute ha accompagnato le attività del tavolo con iniziative di raccordo che hanno già portato a risultati molto positivi e che segnalano l’importanza della stabilizzazione di collegamenti in particolar modo in questa fase con il Coordinamento delle Regioni e con l’Istituto Superiore di Sanità.

 

Per quanto riguarda il rapporto con le Amministrazioni Regionali si segnala innanzitutto il raccordo che è stato attivato con la richiesta inoltrata al Gruppo Interregionale sulla Salute Mentale e Assistenza Psichiatrica di partecipare con due loro rappresentanti ai lavori del Tavolo autismo. Si ricorda che il Gruppo Interregionale aveva indicato due Neuropsichiatri Infantili nominati dalla Regione Piemonte e dalla Regione Sicilia. Nel corso di questi mesi si è già tenuta una riunione del Gruppo Interregionale sul tema autismo in cui si è confermata l’utilità di proseguire nel raccordo ed è previsto un secondo incontro nel mese di febbraio.

Inoltre si sta operando al fine di inserire i bisogni di programmazione in tema di autismo nel Piano Strategico Salute Mentale che è in via di elaborazione, con un lavoro integrato tra Ministero e Gruppo Interregionale.

Nel contesto di queste attività di raccordo e programmazione congiunta Ministero/Coordinamento Regioni andrebbe sostenuta l’esigenza che ogni Regione si doti di un piano operativo per l’autismo e che questi piani fossero inseriti in una visione di raccordo e di condivisione di alcuni principi programmatori di base. A questo scopo andrebbe dato un particolare significato alla diffusione e applicazione delle Linee Guida sull’Autismo elaborate dalla Società Italiana di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza SINPIA, che già alcune Regioni hanno recepito e utilizzato nei loro piani programmatori.

 

Di grande significatività appaiono poi i raccordi con l’Istituto Superiore di Sanità che potrebbero portare a iniziative sia di indirizzo metodologico e valutativo per potenziare l’utilizzo di approcci basati sull’evidenza, che di ricerca e formazione per un miglioramento generale della qualità degli interventi. Le attività dell’Istituto potrebbero orientarsi verso:

 

  • il potenziamento e il coordinamento delle esperienze che garantiscono, o dovranno garantire, nelle diverse organizzazioni regionali, i percorsi di diagnosi, presa in cura e trattamento. Ciò al fine di individuare/stabilizzare diffusamente standard diagnostici e di trattamento adeguati alle ormai consolidate conoscenze internazionali ma anche per sostenere e mettere in rete i centri specialistici già costituiti o di prossima istituzione;

 

  • la promozione e il coordinamento delle attività di ricerca nei vari aspetti da quelli genetici e eziologici a quelli diagnostici e terapeutici più specificamente clinici, ma anche degli studi sui modelli organizzativi e sulla valutazione della qualità della vita dei pazienti e delle loro famiglie. In questo contesto si ribadisce l’esigenza di uno specifico “Gruppo di studio” per la valutazione e validazione degli approcci e delle metodologie di trattamento che si rifanno a ipotesi eziologiche dell’autismo di tipo tossinfettivo o gastroalimentare o carenziale vitaminico;

 

  • la costruzione o il potenziamento di banche di materiale biologico di soggetti con sindromi autistiche o con gravi sindromi delle quali non si conoscono le cause;

 

  • il sostegno delle politiche di miglioramento della qualità degli interventi attraverso l’organizzazione e gestione di specifici percorsi di formazione;

 

  • l’allestimento di un Sito Internet interattivo che possa essere utilizzato come punto di riferimento e aggiornamento dai Servizi e dalle Famiglie

 

Altri temi che esigono una particolare attenzione sono le questioni della ricerca e della formazione, cui il Tavolo ha dedicato specifici approfondimenti.

 

Per quanto riguarda la ricerca si sottolinea che nel recentissimo Bando per la Ricerca Sanitaria finalizzata 2007, il Ministero ha inserito nelle aree tematiche dei Programmi Strategici un capitolo specifico sui “Disturbi mentali gravi nell’infanzia e adolescenza”, il quale evidentemente offre opportunità a proposte di ricerca sul tema dell’autismo.

Al di là di queste considerazioni, il tema della ricerca scientifica è stato affrontato dal Tavolo come uno dei punti centrali per lo sviluppo delle politiche complessive di intervento. Si è concordato sul fatto che la ricerca debba orientarsi verso ambiti di multidisciplinarietà che tenga conto di tutti gli aspetti del problema da quelli eziologici a quelli più applicativi e finalizzati. Richiamando l’aspetto della multidisciplinarietà si rinnova la segnalazione di una specifica linea di ricerca in relazione al rapporto tra autismo e patologie gastrointestinali. Particolare attenzione dovrebbe essere indirizzata anche verso gli aspetti sociali della malattia, così come è vissuta dalle persone affette e dalle loro famiglie. E’ quindi auspicabile che si potenzi ulteriormente il raccordo tra Ministero della Salute, Ministero dell’Università e della Ricerca e Istituto Superiore della Salute. Ma il bisogno di raccordo dovrebbe anche indirizzarsi ai Ministeri della Pubblica Istruzione e della Solidarietà Sociale oltreché alle Regioni e agli IRCCS

 

Il tema della formazione, così come quello della ricerca, è ritenuto un altro aspetto fondamentale per un piano complessivo di intervento. Formazione essenziale per superare quella disomogeneità nella preparazione dei professionisti impegnati e per le carenza di competenze che rendono ancora accidentato il percorso della diagnosi, dell’impostazione dei piani di intervento psicoeducativo, della presa in carico delle persone con autismo al raggiungimento dell’età adulta. Sono pertanto necessari indirizzi formativi che coinvolgano in prima istanza specialisti come pediatri, neuropsichiatri infantili, psicologi e psichiatri e tutte le professionalità abilitative e riabilitative. Caratteristica essenziale di questi percorsi formativi dovrebbe essere quindi quello della multiprofessionalità, così come andrebbe garantito anche l’approccio multi-istituzionale; in questo contesto è prioritario sostenere percorsi formativi tra gli operatori dei servizi sanitari e il personale scolastico e educativo. Per ciò che riguarda nello specifico la formazione universitaria, sarebbe auspicabile un raccordo tra il Ministero della Salute e il Ministero dell’Università e della Ricerca al fine di ripensarne gli orientamenti (sia in termine di contenuti, sia di spazi dedicati) in funzione dei risultati scaturiti dai lavori del presente Tavolo, pur nel rispetto dell'autonomia delle Università.

Oltre alla formazione vera e propria, sarebbe utile perseguire la strada dell'informazione in senso lato: fornire infatti una corretta informazione sul fenomeno autismo e sulle sue possibili sfaccettature e gradazioni, può infatti avere una ricaduta positiva per le prospettive di accettazione sociale del disturbo e le speranze di inclusione delle persone che ne sono colpite, oltre a consentirne più facilmente l'individuazione da parte di famiglia e scuola nei casi in cui la sintomatologia è meno evidente in età infantile.

Anche per quanto riguarda l’aspetto formativo diviene estremamente importante un raccordo tra i Ministeri competenti e le Regioni.

 

Altri temi a cui si raccomanda di dare continuità di attenzione e impegno:

 

  • raccordo con gli Assessorati alla Sanità Regionali per la definizione di un “Piano di intervento per l’autismo” in ogni regione. Definizione dei modelli organizzativi per il raggiungimento degli obiettivi generali. Coinvolgimento degli Assessorati alla Pubblica Istruzione;

 

  • raccordo con il Ministero della Pubblica Istruzione per gli interventi integrati sanità/educazione;

 

  • raccordo con pediatria di base e rete pediatrica nel suo complesso per l’attuazione di screening per la diagnosi precoce e per la tutela dei bisogni generali di salute;

 

  • raccordo tra Servizi di Neuropsichiatria infantile, Dipartimenti Salute Mentale, Medicina di Base e Servizi Sociali per il raggiungimento di livelli adeguati ai bisogni delle persone con autismo di età adulta.

 

CONSIDERAZIONI FINALI

 

Si ritiene conclusa questa prima fase di attività del Tavolo, in quanto ormai si è definito nelle grandi linee il quadro dei bisogni e delle problematicità riferite a i bambini e agli adulti con patologie dello spettro autistico. E’ oggi necessario dare continuità al ruolo di promozione, di programmazione e verifica che ha condotto il Ministero a costituire il Tavolo ma che ora richiede il passaggio ad una fase operativa diretta e specifica sui vari aspetti evidenziati nel corso dei lavori. Si raccomanda di garantire a livello del Ministero un luogo di raccordo e coordinamento e quindi si propone che venga costituito un “Forum nazionale autismo” in grado di rappresentare anche la sede che supporti le attività di programmazione del Ministero e delle Amministrazioni Regionali ministeriali e quelle di verifica sui risultati delle iniziative intraprese. Si propone dunque la costituzione di questo “Forum nazionale per l’autismo” dove poter garantire un momento stabile di incontro tra Ministero, Amministrazioni Regionali, Servizi, Società Scientifiche e Associazioni delle Famiglie e del Privato Sociale.