L'Aba in Italia:ecco come la pensa
Francesca degli Espinosa
Francesca degli Espinosa
"Si respira un vento di rinnovamento dimostrato dal sempre più nutrito numero di neuropsichiatri che presenziano i miei workshops formativi. L'Italia resta comunque, indietro di dieci anni rispetto all'Inghilterra".
E' questo il quadro 'descritto' da Francesca degli Espinosa, ricercatrice e analista comportamentale certificata presso la commissione per la certificazione di analisti comportamentali BACB. L'abbiamo intervistata durante il suo soggiorno a Palermo, dove, ai primi di aprile, ha tenuto un convegno di tre giorni sui principi e tecniche dell'Analisi Comportamentale Applicata (A.B.A.)e sul comportamento verbale.
Al termine del corso, la ricercatrice BCABA si è spostata in Calabria, a Catanzaro, dove era stato organizzato lo stesso tipo di seminario formativo.
Da qualche mese, lei è sempre più presente nel Sud d'Italia. Cosa sta accadendo?
Si, le richieste arrivano sempre più frequenti dal meridione e rimango colpita dall'interesse che le istituzioni cominciano a nutrire nei confronti dell'Analisi del Comportamento Applicata.
Basti pensare che l'anno scorso, ho iniziato a Catania, dove sono stata già due volte nel giro di pochi mesi.
Il workshop era stato patrocinato dal reparto di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico del capoluogo etneo. Un segnale fortissimo che dimostra l'apertura della neuropsichiatria infantile che, tuttavia, rimane distante dalla piena accettazione dell'ABA come approccio educativo e riabilitativo nell'autismo.
Questo è dovuto alla formazione universitaria italiana, ancorata su principi psicanalitici, che nel caso dell’autismo risultano anacronistici e fallimentari.
Dichiara che l'Italia è indietro di dieci anni rispetto ad altri paesi per quanto riguarda l'Analisi del comportamento applicata, stiamo messi davvero così male?
L'Italia non sta messa così male perchè la situazione negli altri paesi non è poi così diversa e inoltre nel Sud Italia, si registra un fermento da parte di genitori che chiedono sempre più consulenze rispetto agli anni passati. Questo grazie all'informazione che è nata da qualche anno. Lo IESCUM, inoltre ha da oltre un anno, organizzato il primo master italiano in Analisi del Comportamento che avrá il compito di formare specialisti in materia. Questo permetterá alle famiglie di avere esperti italiani e di non fare piú riferimento continuo all’estero.
Che differenza c'è tra il modo di fare Aba da parte dei genitori del Nord e quelli del Sud Italia?
Questa è una bella domanda!
I bambini del Sud che personalmente seguo sembrano andare avanti meglio e più in fretta.
Le spiego secondo me, il perchè.
Al Nord, essendoci maggiore benessere economico e più accesso alle università, accade che i genitori fanno ricorso alle figure dei tutor, ai quali viene delegata la realizzazione dei programmi.
Così, mamme e papà, che spesso lavorano entrambi, fanno molto poco.
Inoltre, questi neo laureati o studenti, dopo massimo due anni, spesso si ritrovano ad abbandonare il bambino, per fare altro di più ambizioso.
L'incostanza e il ricambio nuoce al piccolo e nuoce al supervisore perchè ad ogni cambiamento del team si ritroverà a dover formare da capo i tutor che si alternano.
Al contrario, nel meridione, i genitori, con meno disponibilità di denaro e con la carenza di figure professionali che si registra in quelle zone, sono costretti a rimboccarsi le maniche e a darsi da fare per portare avanti i programmi.
Si ritrovano di conseguenza, a fare ABA dalla mattina alla sera.
Succede anche che, pur di offrire al bambino continue opportunitá di apprendimento, si mettono a lavoro anche nonni e zii, che risultano più affidabili di tutor estranei.
La figura del genitore, nel percorso di sviluppo del bambino è determinante e là dove c'è l'intervento massiccio di mamme e papà, i progressi sono scontati.
Quanti bambini segue al momento?
Seguo frequentemente cinque bambini in Inghilterra per l’intervento a lungo termine domiciliare, e piú casi a breve termine tramite le istituzioni.
In Italia invece, supervisiono a distanza una decina di casi, che seguo meno, man mano che il team che collabora diventa più autonomo.
Quanto dura un trattamento Aba?
Fino a quando è necessaria un'educazione specialistica.
Dipende sempre da caso a caso, ma, ad esempio, ho un ragazzo che supervisiono dal 1999.
Com'è arrivata l'Aba in Italia?
L’Analisi del comportamento come scienza esiste in Italia da oltre trenta anni, per quanto riguarda la sua applicazione all'autismo, non saprei risponderle con precisione, io lavoro in Italia da circa dieci anni.
Tuttavia, ricordo il caso di un bambino della Toscana che seguivo assieme a Denise Smith Brunetti.
Allora erano davvero in pochi a conoscere l'ABA come possibile intervento per bambini con autismo, ma era il 2000, quando la mamma di questo piccolo si rivolse al programma televisivo 'Mi manda Rai 3' per fare un appello alle istituzioni perchè le rimborsassero le terapie riabilitative del figlio autistico.
La troupe arrivò in Toscana e riprese il bambino che, con grazie all’Aba, seduto sul carrello del supermercato, aveva imparato a denominare alcuni oggetti.
Le scene riprese dal cameraman colpirono tutte quelle famiglie che vivevano lo stesso dramma di quei genitori, che da quel momento, vennero bombardati di telefonate da parte di chi voleva informazioni riguardanti quella metodologia comportamentale che non era ancora diffusa.
Ricordo la generosità di quella mamma che non esitò a stare ore e ore al telefono con tutti quei genitori, che vedevano aprirsi la porta della speranza che qualcosa si potesse fare per garantire un futuro migliore ai loro figli con sindrome autistica.
Lei parla di futuro migliore, cosa intende nello specifico?
Non parlo assolutamente di guarigione, al massimo di recupero.
Il termine guarigione lo si può utilizzare in modo appropriato nel caso di un cancro.
Ad una persona viene diagnosticato un tumore.
Questa viene sottoposta a delle cure che la portano alla sconfitta del male che viene debellato.
Ho citato un tipico caso di guarigione.
Ma nell'autismo non è possibile.
Si può parlare di casi di recupero, ma s'intende recupero delle abilità compromesse dal disturbo.
Un bambino non sa parlare, non sa imitare, non socializza.
Inizia un percorso riabilitativo Aba.
E' scientificamente dimostrato che con un trattamento di un certo tipo, alcuni bambini possono esser messi nella condizione di recuperare quelle specifiche abilità, che li possono rendere indistinguibili in mezzo ad un gruppo di coetanei.
Al momento non esiste in letteratura una cura che porti alla guarigione, cioè al ripristino di una situazione interna non danneggiata.
Fino ad ora, non sappiamo quale sia la causa di questa condizione, parlare di guarigione, ribadisco, è impossibile nell'autismo.
Questo è un argomento molto delicato e non credo che sia etico utilizzare il termine "guarigione".
La diagnosi di autismo puo’ essere devastante per una famiglia, tuo figlio non ti guarda piú, non ti chiama "mamma", non gioca con te, sembra solo interessato a ripetere le stesse cose per ore ed ore.
Di fronte ad una situazione del genere, qualunque essere umano diventa particolarmente vulnerabile, e di fronte alla possibilitá di "guarigione" un genitore farebbe qualunque cosa.
Credo che chiunque utilizzi il termine "guarigione", abbia il dovere etico di dimostrare i risultati in maniera scientifica, attraverso una ricerca controllata i cui risultati siano indipendentemente verificabili e replicabili.
Nelle ricerche sull' ABA si parla spesso di 'best outcome'. Come possiamo tradurre questa parola in italiano ed esattamente come deve essere intesa?
Il best outcome puo’ esser tradotto come “miglior esito”. Quando si parla di best outcome si intende il raggiungimento di valori/risultati che rientrano nella norma in test standardizzati di quoziente intellettivo, linguaggio ed abilitá adattive.
Cosa pensa di metodologie riabilitative come RDI da affiancare alla programmazione ABA?
Credo che il curriculum dell’ RDI possa essere utile se rivisitato in termini comportamentali, la ricerca al momento dimostra che un approccio eclettico, cioè che integra un po’ di quel trattamento e di quell’altro, è significativamente meno efficace che un intervento che si basa solo ed esclusivamente sull’ABA.
Cosa pensa della figura del logopedista?
Non è sempre necessaria, ma dinanzi a problematiche specifiche, ben venga.
Anzi, diventa necessaria per certi tipi di compromissioni.
Come giudica tutti gli altri tipi di interventi riabilitativi per l'autismo?
Sono una scienziata e per me è valido solo cio' che è scientificamente provato come tale. L'Aba è scienza.
Quindi, lei come giudica l'intervento biomedico nell'autismo?
Ho seguito moltissimi casi di autismo nella mia vita professionale.
Alcuni bambini, oltre l'Aba, seguivano un protocollo biomedico, altri no.
Non ho mai notato differenze significative tra loro.
Tuttavia, qualunque scelta venga presa dai genitori va rispettata.
Approfitto della sua disponibilità per rivolgerle qualche domanda più tecnica: "Ci spiega la differenza tra comportamento verbale vocale e non vocale"?
Per gli analisti del comportamento, il linguaggio viene definito come comportamento, il cui rinforzo proviene da un’altra persona ed è indipendente dal modo o forma.
Questo vuol dire che puo’ esser considerato comportamento verbale un qualunque movimento che provochi in qualche modo una risposta da parte di un interlocutore.
Per esempio, la bimba di 10 mesi che indica alla mamma il biberon quando vuole bere, esibisce comportamento verbale, ma non vocale.
Il sordo-muto che chiede 'che ore sono?' usando il linguaggio dei segni, emette comportamento verbale non vocale.
Il bambino con autismo che consegna la foto delle patatine quando ha fame, emette comportamento verbale non vocale.
Ovviamente la forma di comportamento verbale piú comune negli umani è quella vocale, spesso peró bambini con autismo possono essere vocali ma non verbali.
Per esempio, il bambino che recita verbatim le frasi del suo libro preferito, ma non emette parole per chiedere acqua quando ha sete o rispondere ad una domanda è vocale, ma non verbale.
Secondo lei, è opportuno inserire da subito un sistema di comunicazione aumentativa alternativa (pecs, linguaggio dei segni) con un bimbo piccolo che non presenta nessun tipo di capacità comunicativa?
Ovviamente ognuno negli anni sviluppa il proprio modello di intervento e mi rendo conto che quello che per me è importante e fondamentale, puo’ non esserlo per un altro professionista.
Io personalmente, introduco un sistema di CAA immediatamente se i prerequisiti per la vocalizzazione sono assenti.
La ricerca ci dice che un programma di comunicazione totale, in cui si compensa alla mancanza di vocalizzazioni controllate attraverso la CAA ed allo stesso tempo si lavora sul far emergere l’ecoico (imitazione vocale) accelera l’emergenza del linguaggio vocale.
C’è inoltre un’altra ragione per la quale introduco la CAA molto presto, un bambino che non ha imparato a chiedere in maniera socialmente appropriata è probabile che lo faccia tramite la manifestazione di comportamenti problema.
Introducendo un sistema CAA, lí dove il linguaggio parlato è assente, posso insegnare al bambino a comunicare in maniera appropriata e ridurre i comportamenti problema con funzione comunicativa relativamente presto.
Ci sono delle caratteristiche del bambino che ci indicano se segliere per la PECS o il linguaggio dei segni?
Un bambino che ha imparato ad imitare sará facilitato nell’apprendere il linguaggio dei segni, cosí come un bambino che associa oggetti a figure sará facilitato nell’usare il PECS.
Non ci sono delle caratteristiche precise, piuttosto bisogna considerare l’etá dello studente, la necessitá di inserimento nella comunitá circostante (per esempio, se è ora di insegnargli ad andare per negozi), le preferenze della famiglia.
Lei personalmente quale preferisce?
Il linguaggio dei segni, perché al contrario della PECS, che è un sostituto, quello dei segni è un linguaggio vero e proprio che mi permette di insegnare all’individuo tutte le componenti del linguaggio espressivo: la richiesta, la denominazione, gli intraverbali.
C’è da dire che uso anche la PECS, e a volte, se ho a che fare con un ragazzo che usa bene i segni a casa, ma non ha ancora sviluppato linguaggio vocale, introduco la PECS o un sistema di letto-scrittura per quando è fuori casa.
In base alla sua esperienza quali sono le situazioni di partenza che danno il migliore esito futuro?
La mia esperienza è simile a quella che segnala la ricerca, l’esito migliore si ha in bambini che iniziano un programma intensivo (circa 30 ore settimanali) a casa sotto i tre anni e mezzo, con lievi difficoltá di apprendimento e la presenza di linguaggio parlato.
Ho inoltre, riscontrato che la frequenza di supervisione è un’altra importante componente, che idealmente, dovrebbe avvenire ogni due o tre settimane.
L’acquisizione di alcune abilitá di base (imitazione motoria, imitazione vocale, denominazione e recettivo) entro i primi quattro mesi di intervento puo’ essere un’ulteriore indicazione della possibile capacitá di apprendimento del bambino.
Qual è la percentuale di recupero?
Nella mia esperienza professionale, del dieci per cento circa in programmi “casalinghi”, cioè senza supervisione universitaria, maggiore in bambini partecipanti a programmi “controllati” quali quelli citati nei vari studi a lungo termine.
C'è un caso che lei ha seguito nei suoi anni di carriera che le ha dato soddisfazioni particolari e inaspettate?
Ne avrei da citarne diversi, ci sono bambini che hanno fatto progressi che non avrei mai pensato quando li ho visti la prima volta.
Ricordo con affetto un bimbo che un giorno, entrando in casa sua, tirandomi da un braccio mi ha detto:'Francesca, vieni a giocare con me?'