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Autistici, esistenze misconosciute ma un'isola felice indica la strada Stampa E-mail

Cascina Rossago nell'Oltrepo Pavese, unico esperimento di farm community per persone che soffrono di un disturbo circondato da luoghi comuni

 

Autistici, esistenze misconosciute ma un'isola felice indica la strada

 

Nella struttura nata dall'idea di cinque famiglie di malati vivono 24 ospiti di età compresa tra i 15 e i 24 anni

di FABRIZIO RAVELLI

Autistici, esistenze misconosciute ma un'isola felice indica la strada

 

Cascina Rossago

 

 

PONTE NIZZA - Il verde, la conca aperta sulle colline dell'Oltrepo pavese, le palazzine luminose, i ragazzi che badano agli animali nella stalla. La pace della campagna, i laboratori, l'aria pulita e il silenzio, l'amore e il lavoro. Il pianeta nascosto dell'autismo si affaccia sulle pagine della cronaca nera quando padri disperati sopprimono figli malati, adulti, ingovernabili, ai quali hanno sacrificato una vita. Sono decine di migliaia le famiglie italiane abbandonate e senza forze, che trascinano vite seminascoste, dentro case trasformate in manicomi domestici. Famiglie che non hanno avuto un posto come questo per i loro figli, come questa Cascina Rossago, unico esperimento di farm community per autistici.

Quello dell'autismo è davvero un pianeta sconosciuto, ancora oggi esplorato da studi scientifici che non danno risposte definitive. Una realtà circondata da luoghi comuni. Che gli autistici siano per lo più bambini, misteriosi e forse non infelici nel loro isolamento. Che siano conchiglie destinate ad aprirsi, per lasciare finalmente libero un essere umano completo. Che siano bambini enigmatici, e però tutti dotati di inspiegabili genialità. In verità, poi, questi ragazzini crescono, diventano grandi, magari perdono la loro grazia infantile. Lo sguardo degli altri si allontana, nessuno li vuole più vedere. Che fare di questi uomini e donne, e delle loro famiglie abbandonate?

Cascina Rossago, questo esperimento pilota di farm community sulle colline dell'Oltrepo, è la prova di quel che si potrebbe fare per gli autistici. Anzi, di quello che si è fatto - fra mille difficoltà, mille problemi - a partire da un nucleo di cinque famiglie con figli autistici. Bisognerebbe che tutti - genitori, studiosi, amministratori pubblici - potessero vedere. Molti lo fanno: l'andirivieni di visitatori è continuo. Vale l'iniziativa privata, lo slancio di persone che decidono di impegnare tutte le loro risorse. Il sostegno pubblico, indispensabile, viene solo a cose fatte. Per la Cascina Rossago è andata così - una convenzione regionale che copre parte delle spese - ma non sempre funziona. L'assistenza pubblica, in questo particolare settore, è quanto mai inadeguata.


Qui vivono 24 ospiti (l'età va dai 15 anni del più giovane ai 43 del più adulto, ma la media è fra 20 e 30), insieme con 47 persone fra assistenti, operatori, medici, lavoranti. La farm community è una soluzione esplorata a partire dagli anni Settanta, in diversi paesi. Gli autistici hanno enormi difficoltà a vivere in un ambiente cittadino: troppi rumori, troppe persone sconosciute, troppi imprevisti. Tutti hanno visto Rain Man, il film in cui Dustin Hoffman era Raymond, un autistico adulto, genio naturale della matematica ma spaesato nel mondo. "Quel film ha fatto un gran servizio - dice Stefania Ucelli, docente di psicologia della riabilitazione e dell'handicap a Pavia, direttrice della Cascina Rossago - Chi ha a che fare con l'autismo l'ha molto amato, anche se mostrava un caso eccezionale". Consulente tecnico di Rain Man era il professor Bernard Rimland, un'autorità scientifica assoluta.

Dunque nella cascina-comunità vivono 24 Raymond: non tutti geniali, ma a volte sì. S., per esempio, è una donna di 40 anni che praticamente non parla, ma ha un talento musicale notevole: crea motivi alla tastiera, e anche sofisticati. Vivono e lavorano: "Cerchiamo di far assumere loro un'identità adulta, e un'autonomia, attraverso il lavoro". Accudiscono gli animali (capre e alpaca), tagliano legna, creano ceramiche, imparano a tessere, aiutano a raccogliere frutta e fieno. "Identificano il lavoro come fatica fisica e quotidianità. Di sé dicono: faccio lo stalliere, faccio il ceramista", racconta ancora la dottoressa Ucelli. Sono tutte attività codificate, con ritmi prestabiliti: i pazienti autistici hanno bisogno di avere intorno un ordine riconosciuto, qualcosa da fare. L'inattività li perderebbe. Oltre a questo, vanno in piscina, e giocano a basket con la supervisione di Marco Calamai, allenatore di serie A.

Chi si ritrova in casa un figlio autistico adulto non sa letteralmente che cosa fargli fare. Non sa come affrontare gli episodi di violenza o di autolesionismo, frequenti in stato di abbandono. Può capitare anche qui alla cascina, soprattutto l'autolesionismo, seppure non di frequente. Ma l'atmosfera che si respira è piuttosto di una grande, ordinata tranquillità. Gli alloggi sono luminosi, ogni ospite ha una sua stanza individuale con bagno, e può personalizzarla come vuole. P. ha una passione per le videocassette e per il rock duro. Un altro stravede per le auto anni Sessanta, in particolare la Talbot Tagora. A. ha voluto mobili massicci fabbricati al suo paese. Molti appendono disegni e fotografie, o tengono pupazzi.

Insieme, come percussionisti, fanno musica con un gruppo di operatori, una volta alla settimana: "Abbiamo verificato che la forma musicale adatta è il jazz - dice il dottor Pierluigi Politi - Una struttura fissa, e poi improvvisazione". E' la struttura della loro vita qui: stabilità, ritmi riconoscibili, su cui sviluppare variazioni e talenti individuali.

Un luogo comune è che gli autistici siano isole inavvicinabili, che non riescano a comunicare e ad avere relazioni. Ma qui le smentite non mancano. Passare la palla a un compagno, giocando a basket, è relazione. Così come far nascere amicizie e complicità. G. è un giovane non verbale (cioè quasi non parla) ma è atletico e forte. Fa coppia con un altro ragazzo, meno dotato fisicamente ma verbalmente abile: lo scorta e gli porta i pesi. "G. è mio amico", ha scritto l'altro. T. ha una forma di autismo grave e un ritardo, ma ha un quoziente intellettivo alto, è bravo con la matematica, e soprattutto è un geniale ladro di dolci: sa aprire i lucchetti a combinazione, e inscenare stratagemmi sofisticati per eludere la sorveglianza e raggiungere il suo obiettivo. Molti di loro hanno innamoramenti, e li sanno riconoscere.

La Cascina Rossago (esiste da cinque anni) è dunque un esperimento riuscito. Ma è (ancora) l'unica farm community in Italia. Gli autistici adulti, in Italia, sono di fatto abbandonati, e con loro le famiglie. "La scuola è l'unica struttura che regge, con insegnanti di sostegno. Poi, quando i loro compagni vanno all'università, gli adolescenti autistici hanno davanti il vuoto. Esattamente quella discontinuità che aggrava le loro esistenze". E' come se quei bambini autistici sparissero, e in effetti questo succede: le famiglie si rinchiudono, hanno vergogna di quella persona che nessuno vuole vedere, sono privi di aiuto. "Si creano intrecci di disperazione: i primi ghettizzati sono i genitori".

Proprio cinque genitori hanno messo in piedi questo esperimento, investendo tutti i soldi che avevano e cercandone altri, acquistando il terreno e ristrutturando l'edificio. Oggi la Cascina Rossago è inserita nel piano sanitario regionale: la Regione paga circa due terzi delle spese. I medici lavorano in collaborazione con l'università di Pavia. Ogni ospite costa circa 2.100 euro al mese: i genitori versano le pensioni di invalidità e i contributi di accompagnamento, e a volte ottengono sussidi dai Comuni. E' molto difficile, ma si può fare: "Noi consigliamo di partire da un piccolo gruppo, per esempio un doposcuola", dice la dottoressa Ucelli. E, soprattutto, la comunità è quella speranza concreta che potrebbe impedire a tanti inferni nascosti di precipitare nella cronaca nera.

(Repubblica - 15 giugno 2008)